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CRIPTOVALUTE: “maneggiare con cura” (1° parte)

Dottore Commercialista, Revisore Legale e Mediatore Professionista.
Giornalista pubblicista.
Oltre all’attività “ordinaria” contabile e fiscale e di controllo di gestione, è specializzato in Consulenza su Operazioni di riorganizzazione e risanamento societario e di Tutela e protezione dei patrimoni personali. Inoltre è specializzato nella Difesa del contribuente durante tutte le fasi del contenzioso tributario.
E-mail: luca.santi@studiosanti.it

Criptovalute

Premessa

Ormai si sente spesso parlare di monete virtuali e/o di criptovalute: basta semplicemente aprire un quotidiano o navigare in internet.

Il nostro legislatore non è ancora intervenuto direttamente sull’argomento e, dal punto di vista della prassi occorre fare riferimento solamente ad una Risoluzione 2 settembre 2016 n. 72/E ed a una più recente Risposta a interpello 28 settembre 2018 n. 14.

Questo tema delicato si rifletta anche sulle valutazioni contabili che il possessore di cripto-monete “azienda” deve svolgere e di conseguenza il relativo revisore legale.

Capire di cosa si tratta è già un primo passo nel comprendere la complessità dell’argomento, mi spiego meglio: da valutare non c’è solamente l’aspetto dell’acquisto e della vendita della criptovalute stesse,  ma anche se accettarle come moneta di pagamento nel caso di cessione di beni e/o prestazioni di servizi.

Di recente Elon Musk, il creatore di Tesla, ha detto che non avrebbe accettato il “bitcoin” [1] come valuta per il pagamento delle sue auto con la conseguenza della perdita di valore della moneta virtuale stessa di oltre l’11%. Sul quotidiano “Il sole 24 ore” del 20 maggio l’argomento CRIPTO è in prima pagina con un articolo intitolato “il mercoledì nero delle Criptovalute: lo stop cinese mette in ginocchio il BITCOIN” di Vito Lops. Il settore ha perso 900 miliardi di dollari in una settimana dopo che la Banca centrale cinese ha ribadito come i token digitali non possono essere utilizzati quali forme di pagamento.

Con il presente intervento, suddiviso in 2 parti, vuole, senza la pretesa di esaustività sull’argomento, fare il punto sulla materia in attesa di un intervento massivo da parte del legislatore che ne disciplini gli aspetti giuridici e fiscali. Ovviamente questo intervento non vuole in alcun modo rappresentare una sollecitazione all’investimento in criptovalute e crypto­asset in generale, che rappresentano, appunto, attività caratterizzate da elevati rischi connessi al loro acquisto e detenzione, come espressamente rimarcato dal Comunicato stampa istituzionale congiunto di Consob e Banca d’Italia, pubblicato in data 28 aprile 2021 che si riporta alla fine del presente articolo.

Definizioni (fonte Borsa Italiana)

Il Bitcoin è una moneta virtuale creata nel 2009 creata da uno o più hacker con lo pseudonimo Satoshi Nakamoto. Diversamente dalle altre valute il Bitcoin non ha dietro una Banca centrale che distribuisce nuova moneta ma si basa fondamentalmente su due principi: un network di nodi, cioè di pc, che la gestiscono in modalità distribuita, peer-to-peer; e l’uso di una forte crittografia per validare e rendere sicure le transazioni. I Bitcoin disponibili in rete sono 21 milioni mentre quelli effettivamente in circolazione sono circa 9 milioni.

Crypto-asset ([2]) è un termine generico che si riferisce ad asset finanziari digitali basati su una tecnologia di registro distribuito (distributed ledger technology). Non esiste, attualmente, una definizione standard concordata a livello internazionale di crypto- asset, sebbene il GAFI definisca un asset virtuale (virtual asset) come “a digital representation of value that can be digitally traded, or transferred, and can be used for payment or investment purposes. Virtual assets do not include digital representations of fiat currencies, securities and other financial assets that are already covered elsewhere in the FATF Recommendations”.

Secondo la BCE, un crypto asset sarebbe “un tipo di attività registrata in forma digitale e resa possibile dall’uso della crittografia facilitato dalla DLT/blockchain”.

Anche la CONSOB ha pubblicato un documento per discutere di “offerte iniziali” e di “scambi di cripto-attività” con l’obiettivo di avviare un dibattito a livello nazionale sul tema.

L’Initial Coin Offering (ICO) è un’attività finalizzata al raccogliere fondi per finanziare un progetto imprenditoriale che ricorda i modelli delle Initial Public offering (IPO) e dell’equity crowdfunding. La principale differenza è da ritrovarsi nel fatto che l’ICO comporta l’emissione di token e non di azioni. In cambio di questi token, gli investitori scambiano, appunto, criptovalute.

La Security Token Offering (STO) è un metodo diverso di raccolta fondi che, a differenza di una ICO, si presenta sotto forma di un contratto di investimento in un security come obbligazioni, azioni, fondi.

Le Initial Exchange Offerings (IEO) sono forse le più recenti tipologie di raccolta fondi esistenti. In questa tipologia, la raccolta fondi avviene direttamente tramite un exchange. In pratica gli sviluppatori inviano il token del loro progetto all’exchange, il quale lo rivende ai suoi utenti. In questo modo gli utenti non inviano fondi direttamente allo smart contract del progetto, ma creano un account sull’exchange e prendono parte alla raccolta fondi.

L’ascesa dei crypto-assets è stata consentita dalla nascita ed evoluzione della distributed ledger technology (DLT), questi sono sistemi basati su un registro distribuito, ossia sistemi in cui tutti i nodi di una rete possiedono la medesima copia di un database che può essere letto e modificato in modo indipendente dai singoli nodi.

Distributed ledger technology si tratta di uno strumento per la registrazione della proprietà, ad esempio di denaro o attività finanziarie, immobiliari ecc. Al giorno d’oggi, quando le banche effettuano una transazione, ovvero quando si verifica un passaggio di proprietà di denaro o attività finanziarie, questo avviene attraverso sistemi centralizzati, spesso gestiti dalle banche centrali. Le banche tengono traccia delle proprie transazioni in database locali; questi vengono aggiornati una volta che un’operazione è stata eseguita nel sistema centralizzato.

Un distributed ledger è invece un database di operazioni distribuito su una rete di numerosi computer, anziché custodito presso un nodo centrale. Di solito tutti i membri della rete possono leggere le informazioni e, a seconda dei permessi di cui dispongono, possono anche aggiungerne.

La tipologia più comune di DTL è denominata “blockchain”, facendo riferimento al fatto che le transazioni sono raggruppate in blocchi e questi sono uniti fra loro in ordine cronologico a formare una catena. L’intera catena è protetta da complessi algoritmi matematici che hanno lo scopo di garantire l’integrità e la sicurezza dei dati. Questa catena forma il registro completo di tutte le transazioni incluse nel database.

Non esiste una una definizione standard di crypto-asset concordata a livello internazionale e quindi non esiste nemmeno una una tassonomia standard dei diversi tipi di crypto- asset.

Tuttavia, si è soliti distinguere i crypto-assets in base alla loro funzione economica e precisamente in tre categorie:

  1. payment o currency tokens, vale a dire mezzi di pagamento per l’acquisto di beni o servizi oppure strumenti finalizzati al trasferimento o investimento di denaro o di valori;
  2. security tokens, che rappresentano di diritti economici legati all’andamento di un’iniziativa imprenditoriale (ad esempio, il diritto di partecipare alla distribuzione dei futuri dividendi) e/o di diritti amministrativi (ad esempio diritti di voto su determinate materie);
  3. utility tokens, rappresentativi di diritti diversi, legati alla possibilità di utilizzare il prodotto o il servizio che l’emittente intende realizzare (ad esempio, licenza per l’utilizzo di un software ad esito del processo di sviluppo).

Ciò premesso, rimandando ad un successivo articoli l’aspetto puramente fiscale, si riporta, come anticipato, il Comunicato stampa istituzionale congiunto di Consob e Banca d’Italia

Consob e Banca d’Italia richiamano l’attenzione della collettività, e in particolare dei piccoli risparmiatori, sugli elevati rischi connessi con l’operatività in cripto-attività (crypto-asset) che possono comportare la perdita integrale delle somme di denaro utilizzate.

Il richiamo, che fa seguito ad analoghe iniziative già prese in passato, si rende opportuno in attesa che venga definito un quadro regolamentare unitario in ambito europeo.

Di recente anche le tre Autorità europee di supervisione, Eba, Esma ed Eiopa, richiamando il proprio avvertimento del 2018, hanno ribadito la natura altamente rischiosa e speculativa delle cripto- attività, avvertendo i consumatori di prestare attenzione agli elevati rischi connessi con l’acquisto e/o la detenzione degli stessi2.

Da tempo si registra sul mercato un interesse crescente, a livello europeo e internazionale, verso le cripto-attività, come per esempio il Bitcoin.

In assenza di un quadro regolamentare di riferimento, l’operatività in cripto-attività presenta rischi di diversa natura, tra cui:

  • la scarsa disponibilità di informazioni in merito alle modalità di determinazione dei prezzi;
  • la volatilità delle quotazioni;
  • la complessità delle tecnologie sottostanti;
  • l’assenza di tutele legali e contrattuali, di obblighi informativi da parte degli operatori e di specifiche forme di supervisione su tali operatori nonché
  • di regole a salvaguardia delle somme impiegate.

Si segnala, altresì, il rischio di perdite a causa di malfunzionamenti, attacchi informatici o smarrimento delle credenziali di accesso ai portafogli elettronici.

Tali rischi assumono ora una maggiore rilevanza in relazione al diffondersi di forme di offerta attraverso il canale digitale che facilitano l’acquisto di cripto-attività da parte di una platea molto ampia di soggetti.

La Commissione europea ha recentemente avanzato una proposta di regolamentazione per disciplinare l’emissione, l’offerta al pubblico, la prestazione dei servizi e il contrasto agli abusi di mercato in relazione alle diverse tipologie di cripto-attività. La proposta persegue l’obiettivo di definire un quadro giuridico solido per tali strumenti nonché di garantire l’integrità del mercato e livelli adeguati di tutela dei consumatori e dei risparmiatori. L’iter di approvazione della proposta di regolamentazione è tuttora in corso.

Al momento, quindi, l’acquisto di cripto-attività non è soggetto alle norme in materia di trasparenza dei prodotti bancari e dei servizi di investimento e continua a essere sprovvisto di specifiche forme di tutela; segnatamente dette attività non sono soggette a nessuna forma di supervisione o di controllo da parte delle Autorità di vigilanza.

Conseguentemente anche l’adesione a offerte di prodotti finanziari correlati a cripto-attività, quali ad esempio i cd. digital token, è un investimento altamente rischioso, tanto più qualora, come spesso riscontrato, le offerte siano effettuate da operatori abusivi, non autorizzati, non regolati e non vigilati da alcuna Autorità.


[1] Il bitcoin è la criptovaluta più conosciuta e scambiata al mondo

[2] Definizione riportata dal Volume su BITCOIN e CRIPTOVALUTE edito da “Il Sole 24 ore” maggio, 2021

Luca Santi
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