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Equo compenso per i professionisti: nuove regole dal 2023
Il 5 Maggio 2023 è stata pubblicata, nella Gazzetta Ufficiale n.104, la Legge n. 49 del 21 Aprile 2023, che disciplina l’equo compenso con riferimento alla remunerazione percepita da un professionista per un servizio reso.
L’equo compenso
E’ un principio che stabilisce che la remunerazione minima percepita da un professionista, per un servizio reso, deve essere proporzionata alla qualità e alla quantità del lavoro che ha svolto.
In passato esso era riservato soltanto agli avvocati; dal 2017 l’equo compenso è stato esteso anche ad altre categorie di professionisti e di lavoratori autonomi: commercialisti, consulenti del lavoro, medici, psicologi, architetti indipendentemente dal fatto che siano iscritti o meno ad un Ordine o ad un Albo professionale.
Il principio dell’equo compenso, infatti, è stato introdotto in Italia con il D.L. n.148/2017; successivamente è stato modificato dalla Legge di Bilancio 2018 ed applicato a tutti i professionisti considerati dall’articolo 1 della Legge n.22 del 22 Maggio 2017.
Il Parlamento, a partire dal 2021, ha dato vita ad una serie di riforme normative dell’equo compenso rese anche necessarie per via dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia.
Questa serie di riforme sono state approvate definitivamente dalla Camera il 12 Aprile 2023 definendo, quindi, la Legge 21 Aprile 2023 n.49 sopra citata.
Essa si compone di 13 articoli e rafforza la tutela del professionista.
Analizziamo, ora, più dettagliatamente le novità e le nuove regole che disciplinano l’equo compenso.
Novità e nuove regole
La Legge n.49/2023:
- amplia la platea di riferimento della norma sia per quanto riguarda i professionisti interessati sia per quanto riguarda la committenza che viene estesa anche a tutte le imprese che impiegano più di 50 dipendenti o fatturano più di 10 milioni di euro;
- disciplina la nullità delle clausole vessatorie, ossia quelle che prevedono un compenso per il professionista inferiore ai parametri;
- rimette al giudice il compito di rideterminare il compenso iniquo, condannando anche l’impresa al pagamento di un indennizzo in favore del professionista;
- Ordini e Collegi devono adottare disposizioni deontologiche volte a sanzionare il professionista che violi le disposizioni sull’equo compenso;
- Prevede la possibilità che il parere di congruità del compenso emesso dall’Ordine o dal Collegio professionale acquisti l’efficacia di titolo esecutivo.
Soggetti interessati dall’equo compenso
L’equo compenso si applica a tutti i liberi professionisti e a tutti i rapporti professionali che hanno ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale, come disciplinato dall’ articolo 2230 c.c. indipendentemente dal fatto che siano iscritti meno ad un Ordine professionale o Collegio.
Sono escluse dall’ambito di applicazione della nuova disciplina le prestazioni rese da professionisti a società veicolo di cartolarizzazione e quelle rese in favore di agenti della riscossione.
Criteri per la determinazione dell’equo compenso
I compensi di riferimento sono determinati:
- per gli avvocati, dal decreto del Ministro della Giustizia emanato ai sensi dell’art. 13, comma 6, della legge n. 247/2012;
- per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’art. 9 del D.L. n. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2012;
- per i professionisti non ordinistici, dal decreto del Ministro delle Imprese e del Made in Italy da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge e, successivamente, con cadenza biennale.
Nullità delle pattuizioni e clausole vessatorie
A tutela del professionista c’è la nullità delle clausole che compromettono l’equità del compenso.
Aspetto importante della legge in esame, infatti, sono le disposizioni in base alle quali, per legge, sono nulle:
- le clausole delle convenzioni che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, tenendo conto anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera;
- le pattuizioni di compensi inferiori a quelli stabiliti dai parametri di liquidazione dei compensi previsti con decreto ministeriale (avvocati, professioni ordinistiche, professioni non ordinistiche.
- le pattuizioni che vietano al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che impongono anticipazione di spese, o che attribuiscono al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e qualità del lavoro svolto o del servizio reso
- le clausole o pattuizioni anche in documenti distinti dalla convenzione che: riservano al cliente la facoltà di modifica unilaterale del contratto, la facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto, la facoltà di richiedere prestazioni aggiuntive gratuite, l’anticipazione delle spese al professionista o la rinuncia al rimborso, la previsione di termini di pagamento sopra i 60 giorni dalla fattura, la previsione in caso di nuovo accordo sostitutivo di applicazione dell’eventuale compenso inferiore pattuito anche agli incarichi perdenti, non ancora definiti o fatturati; la precisione che il compenso pattuito per assistenza e consulenza in materia contrattuale spetti solo in caso di sottoscrizione del contratto; la clausola che obbliga il professionista a corrispondere al cliente o a terzi, compensi, corrispettivi o rimborsi per l’utilizzo di software, banche dati, gestionali, servizi di assistenza tecnica, di formazione etc. Nulla pure la clausola che riconosce all’avvocato il solo minor importo previsto dalla convenzione, quando il giudice liquida al cliente le spese legali, in misura superiore al detto importo.
Azione giudiziale del professionista
L’azione che tutela il professionista può essere promossa dinnanzi al Tribunale del suo luogo di residenza o domicilio impugnando la convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o qualsiasi altro accordo che preveda un compenso inferiore ai valori determinati.
Sarà il giudice a rilevare il carattere iniquo del compenso e, sempre il giudice, rideterminerà il compenso condannando il committente al pagamento della differenza tra il versato e l’equo compenso.
Il Tribunale può anche richiedere al professionista di ottenere, dall’Ordine o Collegio cui è iscritto, il parere di congruità del compenso o degli onorari.
Al parere di congruità è attribuito valore a titolo esecutivo anche per tutte le spese sostenute e documentate, a patto che sia rilasciato nel rispetto delle norme sul procedimento amministrativo e a condizione che il debitore non presenti opposizione all’autorità giudiziaria entro 40 giorni dalla notifica del parere a cura del professionista.
Osservatorio sull’equo compenso
Per i motivi di cui sopra è prevista l’istituzione, presso il Ministero della Giustizia, di un Osservatorio sull’equo compenso cui sarà affidato il compito di vigilare sull’applicazione e sul rispetto delle regole previste dalla Legge n.49/23
Prescrizione del diritto al compenso
Il termine di prescrizione del diritto al compenso da parte del professionista decorre dal compimento della prestazione professionale.
In caso di più prestazioni rese a seguito di un unico incarico, la prescrizione decorre dal giorno del compimento dell’ultima prestazione.
Sanzioni da parte degli Ordini professionali
Da quanto scritto fino ad ora, possiamo dire con certezza che l’obiettivo della legge sull’equo compenso è quello di mettere nelle mani del professionista uno strumento per la sua tutela nei confronti dei grandi committenti.
Continuando però, ad esaminare gli articoli di cui la Legge si compone rinveniamo che, un’altra importante finalità, è anche quella di impedire pratiche di concorrenza sleale tra colleghi che, abbassando oltre misura i compensi, diminuiscono il valore della prestazione professionale.
Gli Ordini professionali e i Collegi avranno il compito di introdurre norme deontologiche così da sanzionare l’iscritto che viola le regole sull’equo compenso.
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