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La questione di Kaliningrad e la mossa della Lituania

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Kalins

La città di Kaliningrad è divenuta nota ai più in questi giorni in seguito ai recenti fatti di cronaca: il governo della Lituania, in occasione dell’anniversario dell’occupazione sovietica dei Paesi baltici il 21 giugno, ha vietato il trasporto di alcuni prodotti colpiti dall’embargo Ue che la Russia trasporta verso l’exclave, causando l’assalto ai supermercati da parte degli abitanti nonostante la rassicurazione lituana che le misure restrittive riguardano esclusivamente i prodotti.

Il toponimo Königsberg significa montagna del re: è il nome storico dell’antica città prussiana corrispondente all’odierna Kaliningrad.

Fondata come fortezza militare dai cavalieri teutonici nel 1255 chiamati da Corrado di Masovia per presidiare il territorio che era stato invaso da popolazioni pagane. È una città dalla lunga storia che oggi definiamo exclave in quanto si tratta di un’estensione territoriale separata dal suo stato di appartenenza, la Russia.

Nel 1340 entrò nella Lega Anseatica, ospitò l’università Albertina e divenne un importante centro intellettuale per la cultura tedesca e luterana, ma anche lituana e polacca.

Fu capitale dello Stato monastico dei cavalieri teutonici dal 1454 e successivamente del Ducato di Prussia al quale appartenne fino al 1773 e di cui fu la città principale.

Nel 1724 vi nacque il filosofo Immanuel Kant, tuttora sepolto nella cattedrale locale. In seguito appartenne all’Impero tedesco, alla Repubblica di Weimar e alla Germania nazista.

Dopo la sconfitta dell’Impero tedesco nella Prima Guerra Mondiale si trovò separata con la Prussia Orientale dal resto dello Stato dal corridoio di Danzica, di proprietà della Polonia. Nel corso della seconda guerra mondiale subì i durissimi bombardamenti britannici, poi dopo un lungo e sanguinoso assedio fu conquistata dall’Armata Rossa che avanzando verso Berlino aveva trovato un territorio praticamente spopolato, a causa della fuga della popolazione tedesca che temeva rappresaglie ed episodi di pulizia etnica.

La regione in pochi giorni si svuotò e ben presto le autorità sovietiche ribattezzarono la regione “oblast’ di Kenigsberg” per poi introdurre la denominazione attuale di Königsberg in Kaliningrad.

Fu ricostruita nel 1946 e rinominata in onore di Mikhail Kalinin, protagonista della Rivoluzione d’Ottobre, e dopo essere stata rasa al suolo dall’Armata Rossa che in tal modo ne provocò l’annessione all’Urss, sancita in seguito dagli accordi di pace di Postdam. Da quel momento si procedette alla russificazione forzata del territorio facendo trasferire nella zona popolazioni di lingua russa, come era abitudine del regime staliniano.

Per decenni rimase chiusa ai visitatori stranieri.

In seguito al crollo dell’Unione sovietica fu creata una zona economica speciale, per cui la maggior parte delle merci importate, e portate nel resto della Russia attraverso la Lituania, erano escluse dai dazi.

A quel punto Mosca inglobò la città nella più grande delle quindici repubbliche in cui era suddivisa l’Unione Sovietica: la Russia. Sebbene fosse geograficamente separata da essa.

All’epoca la lontananza parve essere poco importante, visto che anche la Lituania faceva parte dell’Unione Sovietica: fu solo nel 1991, con la fine del comunismo, che Kaliningrad divenne un territorio separato dalla madre patria e circondato da nazioni indipendenti.

Dalla caduta dell’URSS l’exclave ha subito un tracollo economico. La questione di Kaliningrad è diventata spinosa in seguito all’ingresso di Vilnius e Varsavia nell’Unione Europea e nella NATO.

Oggi la città è una importante città portuale sul Mar Baltico dove ha sede la flotta russa.

Nel corso di questi anni accordi speciali con la Russia avevano consentito il trasferimento di merci e persone, ma le sanzioni occidentali per l’invasione russa dell’Ucraina hanno spinto nei giorni scorsi la Lituania a porre restrizioni provocando l’irritazione del Cremlino.

La mossa lituana è fondamentale nello scacchiere bellico, visto che l’Oblast’ di Kaliningrad è un vero e proprio avamposto militare nel cuore dell’Europa, dotata di un arsenale missilistico tra i più potenti dell’intera Federazione russa.

La Lituania è il primo Paese dell’Unione europea ad essersi liberata completamente dalla dipendenza dal gas di Mosca e intende stringere i tempi per distaccarsi con un anno di anticipo anche dalla rete elettrica russa, in programma nel 2025.

È stato il Ministro degli esteri lituano Gabrielius Landsbergis a margine del Consiglio a Lussemburgo a chiarire che “le merci sottoposte a sanzione, come l’acciaio o ferro, non possono transitare per la Lituania”.

Il ministro degli Esteri di Vilnius, inoltre, chiarisce che si tratta di “una misura presa in consultazione con la Commissione Europea e in base alle linee guida della Commissione”.

Mosca afferma che il blocco delle merci vìola gli accordi stretti fra lituani e russi prima del 2002, anno in cui il paese baltico è entrato a far parte dell’Unione Europea.

Le reazioni del Cremlino non si sono fatte attendere, infatti il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha definito “ostile” e “provocatoria” la decisione di Vilnius annunciando, che se la misura non sarà revocata la Russia adotterà “azioni volte alla difesa dei propri interessi”.

I russi dal canto loro fanno appelli da settimane per costituire “un corridoio” fra l’exclave, e il resto del paese, per aggirare il divieto di transito potenziando i trasporti marittimi tra Kaliningrad e San Pietroburgo.

Josep Borrell, rappresentante Ue per la politica estera, ha precisato che “la Lituania sta solo applicando le sanzioni dell’Unione europea”. La risposta della Russia potrebbe consistere nell’organizzare manovre militari nella regione con l’impiego di sistemi di lancio multiplo di razzi Grad e Uragan.

Le ultime notizie in merito ci riportano le parole del leader bielorusso Alexander Lukashenko: “il blocco del transito tra l’exclave russa di Kaliningrad e la Lituania da parte di Vilnius equivale a una dichiarazione di guerra de facto”.

Il rischio che il conflitto si allarghi nel cuore dell’Europa è sempre più minaccioso e attuale visto che la Russia si è impegnata a fornire missili a corto raggio Iskander-M capaci anche di trasportare testate atomiche e di ammodernare gli aerei da combattimento Sukhoi SU-25 in dotazione alle forze armate di Minsk.

Roberta Fameli
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