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L’Europa non è morta

Giornalista pubblicista;
Dottore Commercialista - Revisore legale dei Conti
Direttore Responsabile «2020revisione»

L’Europa non è morta

Non posso condividere il pensiero dominante in questi giorni, che vede l’Europa ormai disgregata. Alcuni la considerano la grande vittima del COVID-19.

Penso che c’è un modo diverso di vedere le cose. Sempre.

Mi rendo conto che il sentimento del momento degli italiani è questo. L’Europa ci ha abbandonati e nel momento del bisogno è stata evanescente, contradittoria e litigiosa.

È facile far notare come i nostri vicini hanno inveito contro di noi. A volte ingiustamente ci hanno accusato di trovare nella pandemia la scusa per non lavorare e, alla prima occasione, hanno chiuso le frontiere.

Ma questa non è l’Europa, né noi possiamo individuarla con queste azioni.

L’Europa è un’IDEA

L’Europa è un’IDEA. L’Europa è un’identità da costruire. Pechè ciò accada è necessario che essa superi anche queste crisi.

Mi vengono in mente le bellissime parole di Hugh Howey che nel suo monumentale libro WOOL dice: “Possiamo essere ovunque e quello che vediamo potrebbe essere soltanto un grande inganno”.

La crisi attuale passerà e tutti avremo bisogno di punti di riferimento per non cadere nel “grande inganno” di “essere ovunque”. Pensiamo solo per un momento se quando tutto sarà finito anche l’Europa sarà “morta”. Guarderemo allora alla Russia, o forse alla Turchia e alla Cina del Coronavirus?

È facile adesso seguire l’onda, populista se si vuole, della disperazione e della rabbia contro coloro che hanno negato di venderci delle mascherine. Spero vivamente che sia andata veramente così, altrimenti siamo di fronte, ancora una volta, ad “un grande inganno”.

Il processo di disgregazione dell’Entità geopolitica, su cui ha soffiato l’Inghilterra mai integrata, era prevedibile dopo un periodo di convivenza che è durato 70 anni.

I padri fondatori ci hanno consegnato uno strumento non perfetto ma perfezionabile. Noi ancora non abbiamo concluso il cammino. Adesso siamo al bivio.

O si riscrivono le regole e soprattutto gli obiettivi, oppure forse avranno ragione quelli che preannunciano la morte dell’Europa. Ma la delusione che si può provare al cospetto del comportamento dei governanti europei non sarà che una piccola cosa rispetto a quello che succederebbe se l’idea stessa di Europa morisse.

Settant’anni di pace

Noi non siamo preparati culturalmente e spiritualmente ai paventati nuovi scenari geopolitici. E credo che nemmeno li vorremmo questi nuovi scenari.

È facile costatare che ci sono difficoltà relazionali tra gli Stati. Non dimentichiamo però, che questi si sono fatti la guerra fino a settant’anni fa. Già il fatto, però, che le guerre per tanto tempo non ci sono più state. Già il fatto che adesso anche i nostri vicini condividono i nostri stessi problemi. Già il fatto che noi possiamo insegnare loro qualcosa perché ci siamo passati prima. Già tutto questo ci dice che l’Europa alcuni risultati li ha raggiunti.

Strapparsi i capelli al suo capezzale (o peggio gioire per la sua morte) non è deontologicamente corretto, nè onestamente auspicabile.

In Italia, un giorno forse, ricorderemo questo periodo per le grandi paure che ci ha costretto a sperimentare. Ma queste paure sono grandi perché non ne abbiamo sperimentato altre ancora più drammatiche indotte dalla guerra.

La nostra generazione non ha vissuto un periodo di guerra e questo grazie a questa Europa che sicuramente è imperfetta, ma che non è morta fintanto che ci saranno figli che vivono in uno Stato e padri che li guardano da un altro, sentendosi entrambi a casa loro. nonostante tutte le diversità e le culture non integrate del tutto.

Non dimentichiamo che il peggio non è ancora passato. Non dimentichiamo che dopo tutto questo si dovrà ricostruire il tessuto economico e sociale. Non auspichiamo che questo, noi italiani dovremmo farlo da soli.

È scoraggiante che un uomo di cultura qualche giorno fa abbia formulato questi pensieri: Anzi aggiungo, che sarebbe un grande errore mettersi a lavorare, da italiani, così come abbiamo sempre fatto per 70 anni, a ricucire, ricostruire, rigenerare, quel senso di appartenenza comune per un’entità che è stata per troppo tempo solo una grande illusione. L’Europa non esiste, è stata cancellata nel momento più delicato e complesso che il vecchio continente si è trovato ad affrontare.

È proprio il contratio quello che dobbiamo fare. Dobbiamo ricostruire, lavorare non più da Italiani ma da Europei. Erano forse meno disperati i nostri nonni all’uscita di due guerre mondiali quando hanno elaborato e realizzato il Progetto Europa?

Oggi sono stati messi in evidenza degli aspetti che non sono dei più edificanti: l’individualismo di alcuni stati, l’egoismo di altri, l’isolazionismo dei più potenti.

Questo però è il problema, anche facilmente individuabile perché macroscopico. Adesso però insieme a tutti i nostri vicini, dobbiamo ancora una volta, individuare la soluzione per realizzare quel sogno dell’Europa dei Popoli.

Non è possibile arrendersi.

Francesco Paolo
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