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Libertà di informazione e rispetto della privacy

La libertà di informazione, considerata il fulcro delle società democratiche contemporanee, è connotata da una duplice accezione: attiva, attinente al diritto di cronaca, quale diritto del giornalista di informare; passiva, intesa come diritto del cittadino di essere informato. L’attività del giornalista deve conformarsi ad un necessario contemperamento di interessi costituzionalmente tutelati, ossia il diritto di cronaca da un lato e dall’altro il diritto alla tutela dei dati personali, e più in generale il diritto alla privacy. Il diritto del giornalista di pubblicare le notizie e di divulgare informazioni trova un limite non valicabile nel rispetto della dignità della persona, della sua riservatezza e del suo decoro. Punto di riferimento normativo in materia di privacy è il Regolamento europeo 2016/679, il General Data Protection Regulation (GDPR), recepito in Italia con il d.lgs. n. 101 del 2018.
Per l’art. 85 del GDPR ai fini del trattamento effettuato a scopi giornalistici gli Stati membri dell’Unione europea prevedono esenzioni e deroghe rispetto alle norme dello stesso Regolamento, qualora esse siano necessarie per conciliare il diritto alla protezione dei dati personali e la libertà di espressione e di informazione. L’attività giornalistica non è, pertanto, pienamente vincolata ai limiti posti dal GDPR a tutela della privacy. Tuttavia i giornalisti sono tenuti ad obbedire ad alcune norme inderogabili, e hanno il dovere di rispettare i codici deontologici di categoria, pena sanzioni disciplinari, ovvero la sospensione o cancellazione dall’albo dei giornalisti. Anche lo stesso Garante per la protezione dei dati personali ha, nella maggior parte dei casi che gli sono stati sottoposti, bilanciato la tutela della protezione dei dati personali con la libertà di informazione.
In ossequio al principio costituzionale della libertà di informazione il trattamento dei dati da parte del giornalista è essenzialmente libero purché vengano rispettati: il principio di liceità e di continenza, per cui i dati devono essere veritieri e raccolti in modo lecito e corretto; il principio di essenzialità, per cui la loro diffusione deve avvenire nei limiti della necessarietà dell’informazione rispetto alla notizia; il principio di pertinenza e quello di non eccedenza, per cui deve sussistere un interesse pubblico alla conoscenza del fatto, l’informazione deve essere pertinente alla notizia e non eccedere. Nel rispetto di tali princìpi il giornalista può pubblicare anche dati sensibili e giudiziari senza il consenso dell’interessato. È, poi, necessario sempre il rispetto e la dignità della persona, altrimenti si corre il rischio di affrontare un procedimento penale per diffamazione aggravata a mezzo stampa, punita dall’art. 595 comma 3 del codice penale. Tale disposizione sanziona penalmente, con una pena edittale compresa fra sei mesi e tre anni chi, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione tramite il mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità. In caso di diffamazione a mezzo stampa, risponderanno ex art. 596 bis c.p. dello stesso reato anche il direttore, il vicedirettore, l’editore e lo stampatore, in quanto viene ascritta in capo ai summenzionati soggetti la c.d. culpa in vigilando.
Le modalità di raccolta e diffusione della notizia devono essere proporzionate rispetto allo scopo informativo. È riconosciuta al giornalista, sia dal codice di procedura penale che dal Codice della privacy all’art. 138, la tutela del segreto professionale, che costa nel potersi astenere, tranne in alcuni casi specificamente previsti dalla legge, dal divulgare l’identità della fonte della notizia. Il giornalista ha, altresì, il diritto di non rivelare la propria professione durante la raccolta di informazioni qualora tale rivelazione possa metterne in pericolo l’incolumità. Obblighi di riservatezza della privacy che il giornalista è tenuto inderogabilmente a rispettare riguardano il divieto di pubblicare: l’identità delle vittime di violenza sessuale; gli atti giudiziari coperti da segreto istruttorio; l’identità di malati di HIV e di donne che interrompono la gravidanza; le generalità di minori coinvolti in procedimenti giudiziari.
Il Codice della privacy (d.lgs. n. 196 del 2003) non nega l’accesso del giornalista a documenti della Pubblica Amministrazione che coinvolgono soggetti privati, se non per quanto riguarda dati idonei a rivelare origine razziale ed etnica, convinzioni religiose o politiche, vita sessuale e condizioni sanitarie. Secondo la Cassazione n. 22741 del 2021 il giornalista che nel riportare una notizia di cronaca fornisce dettagli relativi alla vita privata di persone che non sono legate al fatto principale, è passibile di condanna per violazione della privacy. I giornalisti possono pubblicare foto e filmati delle persone riprese in luoghi pubblici e delle attività delle forze dell’ordine, mentre è vietata la ripresa all’interno di luoghi privati in considerazione dell’inviolabilità del domicilio (art. 14 Cost.). Per il Garante della privacy sono pubblicabili le immagini riprese in luoghi liberamente visibili dall’esterno.
È vietata la pubblicazione di dati o immagini che permettano l’identificazione del minore su eventi di cronaca giudiziaria o altre situazioni in cui la dignità e la riservatezza dello stesso possano averne pregiudizio. La Carta di Treviso impone l’anonimato del minore coinvolto in fatti di cronaca anche non aventi rilevanza penale, ove siano potenzialmente lesivi della sua personalità. Tale anonimato non riguarda solo il nome e lo pseudonimo, ma deve essere effettivo impedendo in ogni caso l’identificazione del minore. Non rileva neanche il consenso dei genitori alla diffusione dei suoi dati, ove ciò comporti una lesione della sua dignità. La pubblicazione anche a volto non oscurato è, invece, legittima se il minore viene ritratto in manifestazioni pubbliche non pregiudizievoli. Ancor più ampia tutela ricevono i minori in condizione di handicap.
Con riguardo alla cronaca giudiziaria vige un generale regime di pubblicità degli atti processuali, dovuto all’interesse pubblico a garantire il controllo sull’operato dell’autorità giudiziaria, beninteso entro determinati limiti, ossia: che il fatto sia vero; vi sia interesse pubblico; l’esposizione abbia una forma civile e non sia offensiva; la singola informazione sia essenziale rispetto alla notizia, limitandosi ai dati rilevanti. La diffusione dei nomi e dati di persone condannate e dei destinatari di provvedimenti giurisdizionali rientra in tale regime di pubblicità dei provvedimenti giurisdizionali. L’identità di indagati e arrestati può, pertanto, essere pubblicata: se vi è interesse pubblico; se la notizia è lecitamente acquisita; nel rispetto del principio di non colpevolezza. Al riguardo il Garante della privacy ha inibito la pubblicazione di foto segnaletiche all’inizio del procedimento giudiziario ove non vi siano specifiche necessità giudiziarie che lo richiedano. Il giornalista dovrà verificare caso per caso se la pubblicazione dei dati identificativi del condannato può comportare l’identificazione della parte offesa. I nomi di familiari e conoscenti di imputati e indagati non coinvolti nelle indagini non possono essere diffusi.
Il Garante della privacy con Provvedimento del 12.10.2017 ha ritenuto non eccedente il principio di essenzialità dell’informazione “la pubblicazione dei nomi di persone interessate da un procedimento penale in qualità di indagati, imputati o condannati” in quanto “inquadrata nell’ambito delle garanzie volte ad assicurare trasparenza e controllo da parte dei cittadini sull’attività di giustizia”. Un intervento del Garante del 16 aprile 2019 ha, tuttavia, criticato la stampa che tende a “spettacolarizzare le indagini”, riportando dettagli che eccedono i principi di essenzialità dell’informazione e violando le garanzie costituzionali delle vittime, dimenticando che “il diritto alla riservatezza debba essere ritenuto sempre primario rispetto al pur doveroso esercizio del diritto di informazione”.
Entro i limiti di liceità ed essenzialità non è vietata la pubblicazione delle foto di indagati o imputati. Per la Suprema Corte di Cassazione, infatti, (Sez. III Civ., 6 giugno 2014, n. 12834), con riferimento tanto alle foto segnaletiche che alle “semplici foto formato tessera degli arrestati la pubblicazione su un quotidiano della foto di una persona in coincidenza cronologica con il suo arresto deve rispettare, ai fini della sua legittimità, non soltanto i limiti della essenzialità per illustrare il contenuto della notizia e del legittimo esercizio del diritto di cronaca […] ma anche le particolari cautele imposte a tutela della dignità della persona”. È, invece, vietata la pubblicazione di immagini di persone ammanettate, poiché viola sia il rispetto della dignità che il principio di essenzialità dell’informazione. La pubblicazione di intercettazioni è consentita entro i limiti dell’essenzialità dell’informazione e della dignità.
Nel rispetto del c.d. diritto all’oblio, l’interessato ha diritto di ottenere la cancellazione dei propri dati da archivi storici e pagine web delle testate giornalistiche e dei mezzi di informazione nel caso in cui sia trascorso un lasso di tempo dall’avvenimento, tale da far venir meno l’interesse pubblico riguardo la pubblicazione della notizia. Ove ciò non sia possibile per motivi tecnici può essere, in alternativa, chiesta la deindicizzazione, attraverso cui la pagina web contenente la notizia è rimossa dai risultati dei motori di ricerca, risultando così di difficile reperibilità. La deindicizzazione è ritenuta idonea ad attuare il diritto all’oblio dalla sentenza della Cassazione n. 7559 del 27.03.2020, nella quale si afferma che, ove persista l’interesse pubblico alla fruibilità della notizia “è lecita la permanenza di un articolo di stampa nell’archivio informatico di un quotidiano, relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di cronaca giudiziaria, che abbiano ancora un interesse pubblico di tipo storico o socio-economico, purché l’articolo sia deindicizzato dai siti generalisti e reperibile solo attraverso l’archivio storico del quotidiano, in tal modo contemperandosi in modo bilanciato il diritto ex art. 21 Cost. della collettività ad essere informata e a conservare memoria del fatto storico, con quello del titolare dei dati personali archiviati a non subire una indebita compressione della propria immagine sociale”.
La Carta dei doveri del giornalista è un punto di riferimento riguardo ai limiti dell’attività giornalistica, ed è ispirata ai principi della libertà d’informazione e di opinione. Per la Carta, il giornalista ha il dovere fondamentale di rispettare la persona, la sua dignità e il suo diritto alla riservatezza. Non deve, inoltre, pubblicare immagini o fotografie raccapriccianti di soggetti coinvolti in fatti di cronaca, o comunque lesive della dignità della persona. Deve rispettare il diritto alla riservatezza di ogni cittadino e non può pubblicare notizie sulla sua vita privata se non quando siano di chiaro e rilevante interesse pubblico. I nomi dei congiunti di persone coinvolte in casi di cronaca non vanno pubblicati a meno che ciò sia di rilevante interesse pubblico e non vanno comunque resi pubblici nel caso in cui ciò metta a rischio l’incolumità delle persone, né può pubblicare altri elementi che rendano possibile la loro identificazione. I nomi delle vittime di violenza sessuale non vanno pubblicati né si possono fornire particolari che possano condurre alla loro identificazione a meno che ciò sia richiesto dalle stesse vittime per motivi di rilevante interesse generale. Il giornalista deve prestare particolare cautela nel rendere pubblici elementi che possano condurre all’identificazione dei collaboratori delle forze di polizia, quando ciò possa mettere a rischio la loro incolumità. Il giornalista deve osservare la massima cautela nel diffondere nomi e immagini di persone incriminate per reati minori, salvo i casi di particolare rilevanza sociale.
Le “Regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica” pubblicate ai sensi dell’art. 20, comma 4, del d.lgs. n. 101 del 2018, hanno essenzialmente ripreso i princìpi cardine della Carta, ribadendo che il giornalista garantisce il diritto all´informazione su fatti di interesse pubblico, nel rispetto dell´essenzialità dell´informazione, evitando riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non interessati dai fatti. La divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della sfera privata quando l´informazione, anche dettagliata, sia indispensabile. Salva l´essenzialità dell´informazione, il giornalista non fornisce notizie o pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona, né si sofferma su dettagli di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza sociale della notizia o dell´immagine. Salvo rilevanti motivi di interesse pubblico o comprovati fini di giustizia e di polizia, il giornalista non riprende né produce immagini e foto di persone in stato di detenzione senza il consenso dell´interessato. Le persone non possono essere presentate con ferri o manette ai polsi, salvo che ciò sia necessario per segnalare abusi. Deve inoltre astenersi dal pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico e la descrizione di abitudini sessuali riferite a una determinata persona. Al fine di tutelarne la personalità è vietato pubblicare i nomi dei minori coinvolti in fatti di cronaca o fornire particolari in grado di condurre alla loro identificazione.
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