skip to Main Content

Per proteggere il clima imbrattano le tele più famose del mondo

Docente specializzata in analisi del comportamento per il recupero degli studenti con disabilità intellettiva.
Tutor specializzato per il supporto di ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento.

Ambientalisti

In queste settimane nei musei europei abbiamo assistito ad un nuovo fenomeno: gli attivisti legati al movimento ambientalista, protestando contro il cambiamento climatico, hanno scelto di manifestare il proprio dissenso verso le scelte politiche mondiali imbrattando le tele più famose del mondo.

Queste azioni scellerate si sono ripetute anche a Roma nei giorni scorsi quando gli attivisti di Ultima Generazione, rete italiana di Extinction Rebellion.

Il movimento nasce nel 2021 con la richiesta collettiva di discutere con le istituzioni sul tema della crisi climatica ed ecologica distinguendosi, fin da subito, per la radicalità delle loro proteste: oltre a blocchi stradali e imbrattamenti di celebri opere d’arte nei musei hanno imbrattato, con una zuppa di verdura, Il seminatore di van Gogh, esposta a Palazzo Bonaparte.

L’azione è stata condotta da quattro attiviste prontamente arrestate e denunciate.

Come afferma il collettivo olandese Tools for Action, “l’arte non è uno specchio della società, ma un martello con cui plasmarla”; gli attivisti del climate change adoperano l’arte per suscitare una reazione e far parlare di sé.

I movimenti ecologisti, del resto, sollecitano da anni l’intervento tempestivo delle istituzioni, visto che ogni anno i disastri ambientali dovuti al cambiamento climatico sono sempre più numerosi e frequenti, anche in aree precedentemente non soggette a fenomeni di questo tipo.

Joseph Beuys, tra i fondatori del Partito Verde tedesco ha cercato, fin dagli anni Settanta, di utilizzare l’arte come strumento emozionale, con risvolti ecologici e sociali per cambiare il mondo a difesa dell’ambiente.

Ogni messaggio lanciato nell’ambito dell’attivismo climatico deve essere chiaro e immediato, perché può rivelarsi un’arma a doppio taglio affidare ad un’opera d’arte “il compito di fare da cassa di risonanza politico-comunicativa”.

Le opere d’arte hanno un valore comunicativo molto forte, ma solo se viene gestito in un regime di collaborazione attiva.

Tutte le azioni di disobbedienza civile degli attivisti hanno avuto, come scenario, spazi ed eventi pubblici, perché i musei da sempre sono per definizione “al servizio della società, e del suo sviluppo, aperta al pubblico”; ma la connessione con l’arte rischia di mettere in secondo piano il vero messaggio che gli attivisti desiderano veicolare, ovvero “chiedere l’uscita dai combustibili fossili”.

Anche il nostro patrimonio culturale, naturalmente, deve essere difeso e protetto dalle conseguenze del cambiamento climatico.

Le prime manifestazioni anti-governative, organizzate dagli ambientalisti, hanno avuto inizio il 29 maggio 2022 quando al Louvre una persona si è avvicina a La Gioconda di Leonardo ed ha scagliato, all’improvviso, una torta alla panna sul vetro protettivo dell’opera.

In quella occasione il mondo intero ha trattenuto il respiro, per poi tranquillizzarsi quando si è saputo che il capolavoro di Leonardo è ben protetto da un vetro. L’autore del gesto, nell’atto di essere accompagnato fuori dalla sala, ha dichiarato che “Tutti gli artisti pensano alla Terra. Ecco perché l’ho fatto”.

A distanza di un mese, dall’altra parte della Manica, l’idea è stata ripresa dal movimento Just Stop Oil che ha sviluppato una nuova forma di protesta contro l’uso dei combustibili fossili.

Scrivono per terra No new oil e si incollano ai dipinti. Si spalmano della colla sulla mano e rimangono attaccati alle cornici finché gli addetti alla security non arrivano a staccarli.

Sono state colpite già diverse opere: un quadro di Horatio McCulloch a Glasgow; un dipinto di Van Gogh al Courtauld Institute of Art di Londra; un dipinto di Turner a Manchester; un quadro di Constable alla National Gallery e una copia dell’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci alla Royal Academy of Arts.

Con questo metodo gli attivisti chiedono, al governo inglese, di impegnarsi per fermare nuovi progetti che prevedano l’utilizzo di combustibili fossili, e le istituzioni culturali si uniscano alla resistenza civile per il clima.

Anche se il messaggio sotteso, non è letteralmente “Basta combustibili fossili”, quello che passa è un chiaro invito a un rinnovato rapporto con il pianeta.

Roberta Fameli
Back To Top
Search
La riproduzione è riservata!