skip to Main Content

Per ricordare Pietro Vannucci, detto il Perugino, la mostra di Perugia rimarrà aperta fino all’11 giugno

Docente specializzata in analisi del comportamento per il recupero degli studenti con disabilità intellettiva.
Tutor specializzato per il supporto di ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento.

Pietro Vannucci

Fra gli eventi più attesi del 2023 occorre menzionare la mostra che si terrà dal 4 marzo all’11 giugno presso la Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia per celebrare i cinquecento anni dalla morte di Pietro Vannucci detto il Perugino.

Il progetto espositivo parte dal 1505 anno in cui portò a termine le tre commissioni che segnarono l’apice della sua carriera: la Crocifissione della Cappella Chigi in Sant’Agostino a Siena, la Lotta fra Amore e Castità e soprattutto lo Sposalizio della Vergine per la cappella del Santo Anello del Duomo di Perugia, oggi nel Musée des Beaux-Arts di Caen.

Il titolo dell’esposizione è “Il meglio maestro d’Italia. Perugino nel suo tempo “proprio perché si propone di recuperare attraverso le tappe fondamentali del suo percorso artistico il ruolo di preminenza che gli fu assegnato dal pubblico della sua epoca.

Pietro Vannucci (1450 ca.-1523), il perugino, fu uno dei massimi esponenti dell’umanesimo ed il più grande rappresentante della pittura umbra del XV secolo come afferma il Vasari nelle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori.

Iniziatore della maniera moderna collaborò alle decorazioni della Cappella Sistina con Sandro Botticelli, dove dipinse la sua opera più famosa, Consegna delle chiavi. Le sue prime esperienze artistiche si svolsero in Umbria presso le botteghe di Bartolomeo Caporali e Fiorenzo di Lorenzo.

In seguito, giunse a Firenze dove ebbe modo di lavorare nella bottega di Andrea del Verrocchio al fianco di giovani talenti quali Leonardo da Vinci, Domenico Ghirlandaio, Lorenzo di Credi, Filippino Lippi e, soprattutto, il poco più che coetaneo Botticelli.

In un documento del 1472 il Perugino risulta iscritto alla Compagnia di San Luca con la qualifica di dipintore.

In quegli anni divenne il titolare di due botteghe entrambe molto attive, a Firenze e a Perugia. Per un paio di decenni il più noto e influente pittore italiano del suo tempo.

Le sue opere erano caratterizzate da colori sfumati, prospettive dettagliate, figure  malinconiche, rispondevano pienamente alle esigenze dei manuali di orazione molto diffusi alla fine del Quattrocento per aiutare il devoto a visualizzare l’immagine evocata dal testo sacro.

Purtroppo, però, nel corso degli anni non seppe abbandonare gli schemi mentali tipicamente quattrocenteschi facendosi  superare da Leonardo che, in polemica con gli altri pittori fiorentini dell’epoca, realizzò personaggi dalle sembianze più naturali e credibili.

Nel 1479 fu chiamato a Roma da papa Sisto IV per dipingere l’abside della Cappella della Concezione nel coro della Basilica vaticana. L’opera – distrutta nel 1609 quando furono avviati i lavori di ricostruzione della basilica – riscosse un notevole successo, tanto che il papa incaricò poco dopo Perugino di decorare la parete di fondo della Cappella Sistina, venendogli presto affiancati per interessamento di Lorenzo de’ Medici, un gruppo di pittori fiorentini tra cui Botticelli, Ghirlandaio e Cosimo Rosselli, coi rispettivi collaboratori.

La prima zona ad essere affrescata fu quella dietro l’altare dove dipinse la finta pala d’altare dell’Assunta col papa inginocchiato come committente, opera distrutta per far posto al Giudizio Universale di Michelangelo. Ciononostante continuò a lavorare intensamente tra Roma, Firenze e Perugia e nel 1482, a Firenze, fu incaricato di decorare una delle pareti della Sala dei Settanta in palazzo Vecchio, ma non fu mai eseguita.

Nel 1483 partecipò all’ ambizioso programma decorativo avviato da Lorenzo il Magnifico per la decorazione della villa di Spedaletto, presso Volterra, dove vennero radunati i migliori artisti sulla scena fiorentina dell’epoca: Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Filippino Lippi e Perugino.

Nel 1485 realizzò il Trittico Galitzin e fu nominato cittadino onorario di Perugia. Morì a Fontignano, frazione di Perugia nel 1523, luogo in cui aveva cercato rifugio dalla peste bubbonica. La mostra – che si avvale del contributo di Fondazione Perugia, della Regione Umbria, della Camera di Commercio dell’Umbria, della Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno, del Comune di Norcia, del Comune di Spello; del patrocinio di Rai – Radiotelevisione Italiana, Confindustria Umbria sezione territoriale di Perugia, Comune di Perugia, del sostegno di Coop Centro Italia e di Fondazione NOI Legacoop Toscana – percorrerà la carriera dell’artista a partire dalle opere giovanili per giungere alle grandi imprese fiorentine come le tre tavole in San Giusto alle Mura, oggi nelle Gallerie degli Uffizi, o la Pala di San Domenico a Fiesole.

Ad accompagnare la mostra ci sarà il catalogo, edito da Dario Cimorelli Editore, contenente i contributi dei maggiori specialisti del pittore “con testi volti a descrivere meglio l’epoca del maestro, approfondendone la storia, il pensiero e gli spazi”.

L’obiettivo finale è quello di recuperare lo sguardo dei contemporanei, e di tornare a vedere in Pietro Perugino un protagonista assoluto del Rinascimento, quale fu per almeno due decenni.

Percorso visibile in mostra da prove capitali dell’artista, tra cui la giovanile Madonna col Bambino del Musée Jaquemart-André di Parigi, le tre tavole già in San Giusto alle Mura delle Gallerie degli Uffizi, il Trittico Galitzin ora alla National Gallery di Washington, la Pala Scarani della Pinacoteca Nazionale di Bologna, il Polittico della Certosa di Pavia, conservato per gran parte alla National Gallery di Londra, eccezionalmente ricomposto per l’occasione, e gli splendidi ritratti.

 “Il nostro patrimonio”, afferma Gennaro Sangiuliano, Ministro della Cultura, “esposizioni come questa sono in grado di valorizzare la più nobile missione di un museo: non l’affannosa ricerca della novità, ma la curiosità di far rinascere ciò che quotidianamente è sotto i nostri occhi, ormai considerato assodato, storicizzato, canonizzato”.

Roberta Fameli
Back To Top
Search
La riproduzione è riservata!