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Tutela dei lavoratori negli appalti pubblici: tutte le novità del decreto correttivo al codice degli appalti

Avvocato esperta in diritto penale, civile, del lavoro, dell'impresa e dell'immigrazione

Con l’adozione del Decreto Correttivo al nuovo Codice dei contratti pubblici, il legislatore interviene con determinazione per rafforzare la tutela dei lavoratori e la promozione dell’inclusione sociale nell’ambito degli appalti pubblici, ponendo un argine concreto contro fenomeni distorsivi come il dumping contrattuale e l’abuso di forme contrattuali precarie. Al centro della riforma vi è l’intento di promuovere condizioni di lavoro dignitose e stabili, fondate sul rispetto della contrattazione collettiva di settore, e di garantire la piena continuità occupazionale nei cambi di appalto. In particolare, il Correttivo inserisce obblighi specifici a carico delle imprese partecipanti e aggiudicatarie in ordine al rispetto di standard minimi inderogabili in materia di trattamento economico, di inclusione e di continuità occupazionale.

Nel panorama delle gare pubbliche, spesso orientate al massimo ribasso economico, si è assistito in passato a una preoccupante compressione dei diritti dei lavoratori, in particolare in settori ad alta intensità di manodopera come i servizi di pulizia, sicurezza, ristorazione e logistica. Il nuovo impianto normativo si propone, appunto, di ribaltare questa tendenza, affermando il principio che l’efficienza dell’azione amministrativa non può prescindere dalla qualità del lavoro e dalla giusta retribuzione di chi presta servizio per conto della Pubblica Amministrazione.

Uno degli interventi più significativi riguarda l’obbligo di indicare il CCNL applicabile sin dalla fase preliminare della procedura. Mentre il Codice originario prevedeva tale indicazione solo a partire dal bando, il Decreto Correttivo ha anticipato questo onere alla decisione di contrarre (art. 17, co. 2), ossia al primo atto ufficiale della procedura. Tale novità ha una duplice funzione: da un lato, garantisce maggiore trasparenza e coerenza nella stima dei costi della manodopera, dall’altro consente agli operatori economici di avere subito chiaro il riferimento contrattuale, anche in caso di affidamenti diretti, per i quali, in assenza di un formale bando di gara, la decisione di contrarre costituisce l’unico atto formale in cui l’informazione può essere resa.

Orbene, l’art. 11, co. 1 del Codice, così come integrato dal Correttivo, stabilisce che debba essere applicato il contratto collettivo nazionale (e territoriale, ove previsto) stipulato dalle associazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, attinente al settore e all’area geografica in cui si svolge l’appalto.

Il criterio di attinenza deve essere interpretato in senso funzionale, ovvero il CCNL deve corrispondere all’attività effettivamente svolta, anche in via prevalente, dall’impresa esecutrice. La selezione deve seguire i criteri delineati nell’Allegato I.01, che prevede:

  • individuazione dell’attività mediante il codice ATECO corrispondente;
  • confronto con i contratti depositati nell’Archivio nazionale dei contratti presso il CNEL;
  • riferimento ai CCNL utilizzati dal Ministero del Lavoro per il calcolo del costo medio del lavoro;
  • in assenza di tabelle ministeriali, possibilità di richiesta diretta al Ministero.

Altra rilevante novità è introdotta dall’art. 11, co. 2-bis, che prevede l’obbligo di indicare più CCNL qualora le prestazioni secondarie, accessorie o sussidiarie dell’appalto rappresentino almeno il 30% del valore di una specifica categoria di attività omogenea, diversa da quella prevalente. Questo obbliga le stazioni appaltanti ad adottare un approccio articolato e realistico nella definizione delle tutele contrattuali, riflettendo la complessità di molti appalti multiservizio. L’operatore economico ha facoltà, in sede di gara, di proporre un contratto collettivo diverso rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante, a condizione che questo garantisca tutele economiche e normative equivalenti. In tal caso, prima dell’aggiudicazione, la stazione appaltante deve acquisire:

  • la dichiarazione d’impegno all’applicazione del contratto per tutta la durata dell’appalto;
  • la dichiarazione di equivalenza, corredata da relazione tecnica.

I parametri per la valutazione dell’equivalenza sono ora disciplinati dallo stesso Allegato I.01 e non più solo dalla Relazione al Bando tipo ANAC. Per la parte economica, si valuta la retribuzione tabellare, contingenza, tredicesima e quattordicesima mensilità. Per la parte normativa, si considerano straordinari, periodo di prova, disciplina di malattia/infortunio, permessi retribuiti.

In assenza di un decreto ministeriale che disciplini i margini di scostamento, rimane in vigore l’orientamento ANAC che ammette un massimo di due scostamenti.

L’Allegato I.01 introduce anche una presunzione ex lege di equivalenza tra CCNL sottoscritti da sindacati comparativamente rappresentativi, anche se firmati da organizzazioni datoriali diverse, purché afferenti al medesimo sottosettore e coerenti con le caratteristiche dell’impresa (ad es. piccole imprese artigiane). Il rispetto delle indicazioni contrattuali diventa elemento centrale nella valutazione della congruità dell’offerta (art. 110). Le stazioni appaltanti possono rifiutare l’offerta se non è dimostrata l’equivalenza delle tutele.

In caso di errata individuazione del CCNL, l’ANAC ha chiarito, con la Delibera n. 75 del 3 marzo 2025, che la stazione appaltante è tenuta ad annullare in autotutela gli atti di gara, pena la violazione dei diritti minimi dei lavoratori. Il TAR Toscana, infine, con sentenza n. 813 del 5 maggio 2025, ha precisato che le stazioni appaltanti sono obbligate a svolgere un’istruttoria rigorosa in presenza di una pluralità di contratti applicabili, selezionando esclusivamente quello conforme ai criteri dell’art. 11, co. 1.

Un altro ambito oggetto di intervento è rappresentato dalle clausole sociali, già previste nel Codice, ma ora ulteriormente potenziate. Il Decreto conferma l’obbligo per le stazioni appaltanti di includere, nei documenti iniziali di gara relativi a lavori e servizi (esclusi quelli intellettuali), specifiche clausole orientate a:

  • garantire pari opportunità di genere e generazionali,
  • promuovere l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità o in condizione di svantaggio,
  • assicurare la continuità occupazionale e la stabilità del personale già impiegato nei precedenti contratti.

Con l’inserimento del comma 2-bis all’art. 57, viene istituito un sistema di incentivi e sanzioni finalizzato a favorire l’effettiva applicazione delle clausole sociali. Per il nuovo sistema, le imprese obbligate alla redazione del rapporto sulla situazione del personale (ai sensi dell’art. 46 del Codice delle pari opportunità) devono allegare il rapporto aggiornato alla documentazione di gara, a pena di esclusione. Si tratta di un nuovo motivo di esclusione automatica e diretta. Mentre, le imprese non soggette a tale obbligo, ma con almeno 15 dipendenti, devono trasmettere, entro sei mesi dalla conclusione del contratto:

  • una relazione di genere sulla composizione e l’andamento delle dinamiche occupazionali (assunzioni, formazione, promozioni, cessazioni, retribuzioni);
  • la certificazione sull’adempimento degli obblighi di assunzione di persone con disabilità, ai sensi della legge n. 68/1999;
  • una relazione sull’attuazione concreta di tali obblighi.

L’Allegato II.3 introduce obblighi anche per le stazioni appaltanti, le quali devono prevedere, sia come requisiti minimi sia come criteri premiali, misure volte a:

  • promuovere l’inserimento lavorativo di giovani under 36 e di donne;
  • riservare almeno il 30% delle nuove assunzioni a tali categorie, in caso di aggiudicazione;
  • assicurare il rispetto della legge n. 68/1999 da parte degli operatori economici.

Tuttavia, è concessa alle stazioni appaltanti la possibilità di derogare da questi requisiti, previa adeguata motivazione fondata sulla natura o sull’oggetto dell’appalto. Tra gli ulteriori criteri premiali si segnalano:

  • l’assenza di provvedimenti per condotte discriminatorie,
  • l’adozione di politiche di conciliazione vita-lavoro,
  • l’impegno ad assumere categorie protette oltre i limiti minimi previsti dalla legge.

Il mancato rispetto degli obblighi occupazionali e sociali comporta notevoli conseguenze:

  • l’applicazione di penali proporzionate alla gravità dell’inadempimento e all’importo del contratto;
  • nei casi più gravi, l’esclusione dell’impresa da nuove gare per un periodo di 12 mesi.

Questa misura interdittiva rappresenta una rilevante novità nel panorama normativo e comporta per le stazioni appaltanti l’onere di modificare la modulistica di gara, richiedendo espressamente che i concorrenti dichiarino di non aver subito sanzioni per violazioni negli ultimi 12 mesi.

Un ulteriore snodo centrale riguarda la disciplina del subappalto, oggetto di revisione all’art. 119, co. 12. Il Decreto Correttivo interviene con l’obiettivo di bilanciare libertà imprenditoriale e tutela dei diritti dei lavoratori, modificando le regole sull’applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) da parte delle imprese subappaltatrici.

Il testo originario del Codice prevedeva che, in caso di coincidenza tra le attività subappaltate e quelle prevalenti dell’appalto, il subappaltatore dovesse applicare lo stesso CCNL utilizzato dall’appaltatore principale. Il Correttivo, pur mantenendo l’obbligo di garantire equivalenti standard qualitativi e retributivi, consente ora al subappaltatore di applicare un diverso CCNL, purché garantisca livelli di tutela economico-normativa almeno equivalenti.

Questa possibilità, tuttavia, non è generalizzata. Essa si applica solo nei casi in cui le attività subappaltate coincidano con quelle prevalenti dell’appalto principale. Nei casi di prestazioni secondarie o accessorie (disciplinati dall’art. 11, co. 2-bis), il subappaltatore deve attenersi al CCNL indicato dalla stazione appaltante, oppure indicarne uno diverso ma equivalente, secondo i medesimi criteri di valutazione dell’offerta previsti per l’appaltatore principale.

Dunque, con le nuove disposizioni su clausole sociali e subappalto, il Decreto Correttivo rafforza in modo organico la disciplina dei contratti pubblici sotto il profilo occupazionale e sociale. Il Correttivo al Codice degli Appalti delinea un nuovo equilibrio tra efficienza amministrativa e dignità del lavoro.  Le modifiche introdotte vanno nella direzione di una maggiore responsabilità delle stazioni appaltanti, unita a un ampliamento delle garanzie per i lavoratori coinvolti nelle commesse pubbliche.

In ogni caso, il messaggio è chiaro: la qualità del lavoro e la dignità della persona entrano a pieno titolo tra i criteri di valutazione e selezione negli appalti pubblici. Un passo importante verso un’amministrazione più giusta, inclusiva e responsabile.

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