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La check-list particolareggiata per la redazione del piano di risanamento e per l’analisi della sua coerenza

Dottore Commercialista
Revisore Legale dei conti
Docente e formatore Crisi d’impresa

Nella fase di sviluppo della composizione negoziata, qualora il processo non si sia arrestato ab initio, le valutazioni in ordine al potenziale risanamento passano per l’analisi del piano, ovvero di quel documento che il decreto ritiene certamente utile, seppur non imprescindibile, avere a disposizione all’atto dell’inizio del “percorso”, ma che si affretta a ritenere necessario “in tempi brevi, nel corso della composizione negoziata”, proprio perché, condivisibilmente, elemento essenziale per individuare le proposte da formulare alle parti interessate e la soluzione idonea per il superamento della crisi.

Va da sé, infatti, che solo attraverso una chiara visione prospettica e prognostica del percorso di risanamento da attuare l’imprenditore potrà essere in grado di prospettare ai propri creditori soluzioni concrete e sostenibili.

In tal senso va salutato con favore l’introduzione tra la documentazione di cui all’articolo 17 del “progetto di piano di risanamento” redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’art. 13 comma 2.

Per il resto, la check-list appare un’ideale prosecuzione (ed evoluzione) del percorso logico attivato con il primo momento di autodiagnosi, che conduce poi verso il “protocollo di conduzione”; strada che parte, dunque, con la redazione del test e che si articola poi nel successivo stadio della “lista di controllo”, con una tecnica redazionale che lascia non del tutto convinti e che, forse, si risolve esclusivamente in uno “stimolo” di riflessione, così discostandosi da una disposizione orientativa che avrebbe meritato maggior rigore.

Vero è che l’impianto della Sezione II è l’effetto evidente dell’impostazione scarsamente rigorosa che il nuovo istituto ha voluto assumere il quale, in maniera pericolosamente semplicistica, tende a far affidamento sulla genuinità dei numeri di bilancio proposti e su quel dovere di buona fede e correttezza, nonché di trasparente illustrazione declinato all’art. 16 comma 4 e 5.

Questo spiega la singolare tecnica utilizzata che, essendo, per espressa adesione alla Direttiva dell’Unione Europea, dichiaratamente orientata all’imprenditore (non necessariamente esperto in campo aziendalistico), sembra, più che un corredo informativo atto alla redazione di un piano che possa ritenersi completo, un ulteriore test volto a “guidare” l’inesperto redattore attraverso la formulazione di singole domande, le cui risposte, volta per volta emendate (se non corrette), dovrebbero (si noti l’utilizzo del condizionale) ambiziosamente condurre alla redazione di un piano “affidabile”.

Ciò si deduce dalla struttura del documento e dalle chiare indicazioni in esso presenti, a mente delle quali “le risposte alle domande contenute nella presente check-list costituiscono le indicazioni operative per la redazione del piano. Esse debbono intendersi come recepimento delle migliori pratiche di redazione dei piani d’impresa e non come precetti assoluti. Gli effettivi contenuti del singolo piano dipenderanno infatti da una serie di variabili, e vi influiranno, tra le altre cose, la tipologia dell’impresa e dell’attività svolta, la dimensione e la complessità dell’impresa e le informazioni disponibili. Il contenuto della presente check-list dovrebbe consentire all’imprenditore che intende accedere alla composizione negoziata di redigere un piano di risanamento affidabile”.

Il che se, da un lato “tranquillizza” l’imprenditore, dall’altro “agita” l’esperto, che dovrà stabilire, sulla base di detto piano, se dare avvio o meno al percorso di risanamento fondando, come ben si vedrà di seguito, la sua prognosi su dati non del tutto verificati.

Procedendo con ordine, si può agevolmente far affidamento sulle indicazioni dettate dal Decreto Dirigenziale che, sul presupposto secondo il quale “La redazione del piano di risanamento è un processo”, ha cura di individuare cinque sostanziali fasi, così declinabili:

1) Presenza di minimi requisiti organizzativi (par. 1);

2) Disponibilità di una situazione economico patrimoniale aggiornata (par. 2);

3) Analisi della situazione in cui versa l’impresa ed individuazione realistica delle sue cause con individuazione delle più consone strategie atte a rimuovere le difficoltà in essere (par. 3);

4) individuazione della parte quantitativa del piano conseguente alle strategie che si intendono adottare (consentendo un processo semplificato per le imprese di minori dimensioni) (par. 4);

5) Confronto tra debito esistente che necessita di essere rimborsato con i flussi finanziari derivanti dalla gestione aziendale che possono essere posti a servizio dello stesso, anche al fine di individuare la tipologia delle proposte da formulare ai creditori e alle altre parti interessate (par. 5).

In caso di gruppo di imprese, occorre tenere conto delle reciproche interdipendenze tra le imprese che ne fanno parte (par. 6).

Tommaso Nigro
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