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La questione dell’applicabilità del credito “fondiario”

Dottore Commercialista
Revisore Legale dei conti
Docente e formatore Crisi d’impresa

La questione della sopravvivenza nel nuovo Codice della Crisi del c.d. “privilegio fondiario” che ha animato le prime riflessioni degli operatori (si veda “Nella liquidazione giudiziale non opera il privilegio fondiario”) è destinata a risolversi definitivamente per effetto del rinvio pregiudiziale alla Suprema Corte di Cassazione operato dal Tribunale di Brescia (provv.del 03 ottobre 2023). Il nuovo strumento introdotto con l’art. 363-bis c.p.c., di grande utilità anche pratica, stabilisce, come noto, che il “giudice di merito può disporre con ordinanza, sentite le parti costituite, il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di cassazione per la risoluzione di una questione esclusivamente di diritto”, nel concorso di quattro condizioni:

1) la questione deve essere “necessaria alla definizione anche parziale del giudizio”;

2) la stessa non deve essere “stata ancora risolta dalla Corte di cassazione”;

3) deve presentare “gravi difficoltà interpretative”;

4) deve essere “suscettibile di porsi in numerosi giudizi”. Utilizzando detta norma il citato Tribunale ha rimesso gli atti al giudice di legittimità per la risoluzione della seguente questione di diritto: “se il privilegio processuale di cui all’art. 41, comma 2 TUB sia opponibile a fronte dell’apertura di una delle procedure concorsuali di cui al CCII a carico del debitore esecutato ed in particolare della liquidazione controllata di cui agli artt. 269 ss. CCII”.

Il contrasto che oggi si pone nel riformato sistema è stato ritenuto tale dalla Prima Presidente della Corte Suprema di Cassazione che, con provvedimento del 25 ottobre 2023, ha ritenuto sussistenti i presupposti per il rinvio ex art. 363 bis C.p.c. assegnando la questione alla Prima Sezione, individuando “le gravi difficoltà interpretative” segnalate dal Giudice di merito; sicché pare opportuno riassumere i termini del rinvio pregiudiziale.

La questione di diritto, esaminata dal Tribunale di Brescia in riferimento ad una procedura di liquidazione controllata attiene all’operatività o meno del privilegio processuale di cui all’art. 41, comma 2 TUB a fronte dell’apertura di una delle procedure concorsuali di cui al Codice della Crisi e vede fronteggiarsi, nella novità della questione-stante la recente introduzione della nuova normativa concorsuale- due contrapposte posizioni.

A favore della tesi dell’inoperatività del privilegio processuale le argomentazioni risultano compendiate nell’ordinanza del Tribunale di Ancona 22.06.2023, secondo la quale “l’art. 150 CCII ha riproposto il contenuto letterale dell’art. 51 L.fall. che, nel prevedere un’eccezione al principio generale di improcedibilità delle azioni esecutive, non si riferiva unicamente alle disposizioni che regolano il privilegio del credito fondiario, ma ad ogni possibile disciplina speciale, già in vigore o di futura emanazione, di pari rango normativo, che deroghi a tale principio”. L’art. 51 L.Fall., sostanzialmente mantenuto nel Codice della crisi, non viene ritenuto indice di conferma del privilegio processuale degli istituti di credito, posto che trattasi di una norma che contiene una previsione di carattere generale di deroga parziale al principio di universalità soggettiva.

A rafforzare l’assunto viene evidenziato come l’art. 369 CCII – che contiene disposizioni di coordinamento volte ad armonizzare la nuova disciplina del codice della crisi e il D.Lgs. 385/93 – ha modificato diverse disposizioni del TUB, eliminando ogni riferimento alla legge fallimentare e al termine “fallimento” o a espressioni da esso derivati,  introducendo, in sostituzione, il nuovo termine “liquidazione giudiziale”; e nel far ciò non ha affatto interessato l’art. 41, comma 2 e 3, del TUB con la derivata che “l’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore” e quindi nelle sole procedure fallimentari, ma non in ipotesi di liquidazione giudiziale.

La sopravvivenza di “fallimenti” dichiarati prima del 15 luglio 2022 (o successivamente, ma con ricorsi antecedenti a detta data) giustificherebbe tale interpretazione, preservando il privilegio processuale fondiario sino alla scadenza del secondo anno successivo a quello di entrata in vigore del decreto ovvero dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega.

Altra parte della giurisprudenza propende, invece per la tesi della perdurante operatività del privilegio processuale sul presupposto che l’art.369 CCII non sia di per sé esaustivo, posto che la mera omissione della sostituzione del termine “fallimento” con “liquidazione giudiziale” non vale ad escludere l’applicabilità di una norma al CCII.

Si tratterebbe, invero, di una mera dimenticanza, peraltro non isolata al solo art. 41 TUB, considerato che “nel solo Codice Civile sono ben sette gli articoli pienamente operativi nonostante sia presente la parola fallimento e/o si faccia riferimento esplicito a procedure fallimentari: 191, 2394 bis, 2418, 2447 novies e decies, 2471, 2497 e 2545 terdieces”. Per di più l’art. 7 comma 4° della Legge n. 155/17 imporrebbe comunque l’operatività del privilegio fondiario sino al 15 luglio 2024.

Tommaso Nigro
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