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Contenzioso Tributario: l’orientamento interpretativo sulle dichiarazioni di terzi.
Le dichiarazioni di terzi, secondo una ricca e consolidata giurisprudenza tributaria, si essa di legittimità che di merito, sono utilizzabili sia nella fase istruttoria del procedimento tributario, sia in sede giudiziale; sul piano dimostrativo è diffusa l’opinione in base alla quale le dichiarazioni rivestono una rilevanza solamente di indizi. Appare condivisibile la tesi interpretativa secondo cui, concorrendo elementi probatori idonei a renderle attendibili, potrebbero assurgere a presunzioni, gravi, precise e concordanti.
L’utilizzo delle dichiarazioni di terzi, sia in fase amministrativa che processuale, ha generato un dibattito per la loro compatibilità con il divieto della prova testimoniale predicato dall’art. 7 del D.Lgs n. 546 del 1992.
Secondo una elaborazione pretoria, che richiama il principio della parità delle armi “processuali” nei rapporti tra Fisco e Contribuente, le dichiarazioni rese da soggetti terzi sono introducibili ed utilizzabili nella fase istruttoria del procedimento tributario ed in sede contenziosa. (Corte di Cassazione 25 giugno 2020, ord. n. 12598).
Pertanto, l’Ente impositore è legittimato ad acquisire ed utilizzare ogni dichiarazione (resa dal terzo) che possa concorrere a sostenere e corrobare la statuizione provvedimentale, il contribuente può dimostrare la fondatezza delle proprie argomentazioni attraverso la narrazione scritta resa da soggetti estranei al rapporto tributario.
Sul lato probatorio occorre chiedersi quale sia la valenza delle dichiarazioni in discorso, se esse costituiscono una prova piena, sufficiente ad acclarare, una o più circostanze fiscalmente rilevanti, oppure se rappresentano una prova indiziaria, richiedente dati da riscontro ed inidonea, a conclamare elemento di risoluzione della vertenza.
La tesi interpretativa che nel tempo pare essersi radicata, è quella secondo cui, in applicazione dei principi del giusto processo di cui all’art. 111 Cost. e della effettività del diritto di difesa, “ le dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale possono essere introdotte in giudizio sia da parte dell’ Amministrazione sia da parte del contribuente ed hanno il valore proprio degli elementi indiziari, i quali, mentre possono concorrere a formare il convincimento del giudice, non sono idonei a costituire, da soli il convincimento della decisione (Corte di Cassazione 21 dicembre 2015 ord. 25723).
Ne consegue, altresì, che il contribuente potrà avvalersi della Dichiarazione Sostitutiva resa ai sensi del D.P.R. n.445 del 2000, la cui rilevanza probatoria sarà solo di indizi, secondo il Giudice Tributario e “nel contesto probatorio emergente dagli atti”.
Le dichiarazioni di terzi costituiscono un elemento di rilievo per le parti del rapporto obbligatorio d’imposta; attraverso la narrazione scritta di uno o più fatti, pertinenti e rilevanti ai fini impositivi, resi dal terzo al verificatore o al contribuente verificato, è possibile introdurre, nell’ambito della fattispecie impositiva oggetto di indagine, riscontri che potrebbero rinviorire la tesi dell’ Amministrazione procedente o destituirla di fondamento giuridico e/o probatorio.
La natura delle dichiarazioni in parola, impone che il risultato delle stesse rimanga nel novero degli indizi, fatta salva l’ipotesi di sostenere la conversione della prova indiziaria in prova presentiva, secondo il Giudice di legittimità.
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