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Il programma di liquidazione nella liquidazione controllata del sovraindebitato

Giornalista pubblicista.
Dottore Commercialista
Revisore Legale dei conti
Docente e formatore Crisi d’impresa

All’interno delle procedure di sovraindebitamento, declinate nel corpo del D.Lgs. 14/2019, trova cittadinanza la nuova “liquidazione controllata del sovraindebitato” di cui si occupano gli articoli da 268 a 277, riprendendo, in parte, l’istituto della “liquidazione del patrimonio” di cui alla Legge 3/2012. Tra le regole dettate dalla riformata disciplina è degna di considerazione la disposizione recata dall’art. 272, che tratta, in uno all’elenco dei creditori ed all’inventario, le regole da attuare per la predisposizione ed approvazione del programma di liquidazione.

La norma prevede che “2. Entro novanta giorni dall’apertura della liquidazione controllata il liquidatore completa l’inventario dei beni del debitore e redige un programma in ordine a tempi e modalità della liquidazione. Si applica l’articolo 213, commi 3 e 4, in quanto compatibile. Il programma è depositato in cancelleria ed approvato dal giudice delegato.3. Il programma deve assicurare la ragionevole durata della procedura”.

Con una disposizione che, senza dubbio, migliora la previsione già contenuta all’art. 14-novies L.3/2012, il quale si limitava a richiamare la mera necessità di elaborare un programma di liquidazione senza dettare precise regole di adempimento; ma che, nel contempo lascia ancora margini di incertezza per effetto del monco rimando ai soli commi 3 e 4 dell’art. 213, quest’ultimi regolanti il programma nelle procedure di liquidazione giudiziale.

La tecnica dei rimandi, che evita il delicato ricorso all’analogia, sembra essere stata adottata dal legislatore della riforma, quand’anche non sempre in maniera non del tutto armonica, e, in questo caso, sembrerebbe essere frutto di una scelta meditata che, evidentemente, non vuole l’applicazione nella liquidazione controllata delle restanti disposizioni.

Sicché, il mancato richiamo al comma 5 evita di riproporre all’interno delle “procedure minori” il tema della tempistica stringente imposta nella “liquidazione giudiziale” lasciando, così, un presidio di rapidità nella sola disposizione dell’art. 272 comma 3 a mente del quale “Il programma deve assicurare la ragionevole durata della procedura”, ed indirettamente nel rimando che l’art. 275 fa all’art. 216 in virtù del quale “Per i beni immobili il curatore pone in essere almeno tre esperimenti di vendita all’anno. Dopo il terzo esperimento andato deserto il prezzo può essere ribassato fino al limite della metà rispetto a quello dell’ultimo esperimento”.

Non aver ripreso il comma 6 significa, poi, non riconoscere la possibilità di poter redigere e presentare un supplemento del piano di liquidazione, ed impedisce la liquidazione anticipata dei beni quando dal ritardo può derivare pregiudizio all’interesse dei creditori.

E, a ben vedere, il mancato richiamo al comma 8, evita la particolare disposizione sanzionatoria che prevede, in caso di inosservanza del rispetto dei termini previsti dal programma di liquidazione senza giustificato motivo, una giusta causa di revoca; seppur il tema viene poi riproposto, per altra via, dall’art. 275 che sanziona con medesimo rigore l’inosservanza dell’obbligo di riferire semestralmente con relazione in esecuzione del programma di liquidazione approvato.

Tornando, infine, al contenuto dell’articolo in commento ed alla parte effettivamente richiamata, viene in rilievo la disposizione del comma 4 dell’art. 213 che prevede, anche nella procedura minore, che “Il programma indica gli atti necessari per la conservazione del valore dell’impresa, quali l’esercizio dell’impresa del debitore e l’affitto di azienda, ancorché relativi a singoli rami dell’azienda, nonché le modalità di cessione unitaria dell’azienda, di singoli rami, di beni o di rapporti giuridici individuabili in blocco”. In tal modo viene emendata la precedente drastica assenza di riferimento ai complessi produttivi ed al trascurato tema dell’esercizio dell’impresa, dovendo intendere la locuzione come un implicito richiamo agli articoli 211 e 212 nei limiti delle clausole di compatibilità.

In tema va segnalato, in chiave critica e non adesiva, il recente provvedimento reso dal  Tribunale di Ravenna del 23 marzo 2023 il quale, affrontando l’argomento, ha sostenuto che la prosecuzione dell’attività imprenditoriale del debitore non può intendersi alla stregua di una continuità aziendale o di un esercizio provvisorio, avendo la procedura finalità esclusivamente liquidatoria e non essendo applicabile l’art. 211 CCII, in quanto non richiamato dall’art. 275 CCII, che nel replicare parzialmente il contenuto dell’art. 211 co. 1, volutamente omette ogni riferimento all’esercizio provvisorio.

Mostrando, così, il Tribunale di ignorare completamente il contenuto letterale dell’art. 272 ed il suo esplicito e tranciante rimando al comma 4 dell’art. 213 che regola, appunto, proprio l‘esercizio dell’impresa.

Quanto poi la clausola di compatibilità possa incidere è questione delicata e da approfondire ulteriormente, considerato che non è del tutto chiaro il tema della responsabilità in capo al liquidatore o al debitore dell’effettiva conduzione dell’azienda; così come rimane aperta la suggestione di poter prevedere un’estensione anche all’esercizio dell’attività del professionista.

Tommaso Nigro
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