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La cerimonia delle lanterne galleggianti ricorda la bomba di Hiroshima di 78 anni fa

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Hiroshima

Ricorre quest’anno il 78° anniversario dello sgancio della bomba atomica sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki divenuto ancora più importante dal giorno in cui è scoppiata la guerra in Ucraina ed il rischio di una terza guerra mondiale è divenuto sempre più tangibile.

Il conflitto in Ucraina, infatti, ha ridotto considerevolmente il consenso politico sul disarmo e ad oggi risultano in aumento gli ordigni di Cina, India, Pakistan e Corea del Nord mentre le dotazioni di Russia, Usa e Paesi occidentali rimangono stabili.

In realtà, purtroppo, in questi settantotto anni, le armi non sono mai state deposte e in nessuno dei continenti.

In occasione delle commemorazioni molte organizzazioni e gruppi della società civile organizzano eventi e attività per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di costruire un mondo senza armi nucleari, come è stato evidenziato anche nel corso del recente summit G7 che si è svolto mese di maggio proprio ad Hiroshima.

Gli obiettivi principali perseguiti del Primo ministro Kishida sono ottenere rassicurazioni in merito alla stabilità e al vigore del cosiddetto “ordine internazionale basato sulle regole”, facendo rientrare quanti più Paesi possibile, del cosiddetto Sud Globale, sulle posizioni dell’Euro-atlantico e Indo-Pacifico.

Secondo la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (Ican) “sebbene i ministri degli esteri critichino la retorica nucleare della Russia fingono di non vedere che le politiche interne dei loro paesi siano anch’esse problematiche per la sicurezza globale”.

Il Giappone dal canto suo è stato l’unico Paese del G7 a non fornire armi letali all’Ucraina sostenendo che “Hiroshima è il luogo più adatto per esprimere il nostro impegno per la pace e il disarmo nucleare”, visto che fin dal 1995 con il Trattato di non proliferazione nucleare ha adottato la politica dei “tre principi non nucleari”, sostenendo la politica del disarmo e della cooperazione internazionale, tanto più dopo il disastro nucleare di Fukushima nel 2011.

Per tutte queste ragioni la commemorazione di questo anniversario è tutt’ora molto significativa ed è caratterizzata da solenni celebrazioni che prevedono momenti di preghiera, discorsi ufficiali e la deposizione di corone di fiori.

Un minuto di silenzio ricorda il momento in cui la bomba colpì Hiroshima.

Hiroshima era l’obiettivo perfetto in base alle valutazioni degli americani in quanto, non solo era priva di campi di prigionia, ma era anche caratterizzata da numerosi edifici in legno che, dopo lo scoppio della bomba, avrebbero dato luogo ad un incendio nucleare di vastissima portata.

Nagasaki, invece, era una città portuale nel Giappone meridionale che produceva materiale bellico di primaria importanza per la marina nipponica.

Nel 1945 Hiroshima – nell’isola di Honshu – era una città molto importante con diverse basi militari nelle vicinanze, come il quartier generale della Quinta Divisione e il secondo quartier generale dell’esercito a cui faceva capo l’intero sistema difensivo del Giappone meridionale.

Proprio per questo fu prescelta come obiettivo militare strategicamente importante: il 6 agosto 1945, alle ore 8 e 15, gli aviatori americani sganciarono la prima bomba atomica della Storia, ribattezzata scherzosamente Little Boy, causando la morte di migliaia di persone a causa delle ferite e delle radiazioni che, per decenni, hanno causato varie malattie, tra cui il cancro e deformazioni genetiche.

Tre giorni dopo la distruzione di Hiroshima, il 9 agosto, fu sganciata su Nagasaki la seconda bomba, designata col nomignolo Fat Man. La resa del Giappone, che non entrò ufficialmente in vigore fino al 2 settembre di quell’anno, sarebbe arrivata sei giorni dopo il secondo lancio, il 15 agosto.

Da allora, ogni anno, nel Giorno della Pace – O-bon dal nome di una festa buddhista in cui si onorano gli antenati e si prega per la pace delle loro anime – nel Parco ideato nel 1952 dall’architetto Kenzo Tange, il cui punto nevralgico è la cosiddetta “Cupola della bomba”, ovvero i resti di un palazzo distrutto la mattina del 6 agosto 1945 diventati il simbolo della tragedia.

Un minuto di silenzio ricorda il momento in cui la bomba colpì Hiroshima. Il momento più toccante è rappresentato dalla lettura di cento-ventitré fogli di carta pregiata conservati nel Cenotafio – sul cui arco spicca l’epitaffio “Riposino in pace perché l’orrore non si ripeterà” – che riportano i nomi di tutti coloro che persero la vita durante l’attacco nucleare.

La giornata si chiude con la cerimonia delle lanterne galleggianti (tōrōnagashi) durante la quale vengono accesi dei falò per guidare gli spiriti degli avi verso le case dei propri cari.

Di recente in un’intervista a una televisione russa, il presidente della Bielorussia Aleksandr Lukashenko ha dichiarato che la Russia “ha iniziato a inviare nel paese alleato testate nucleari tattiche tre volte più potenti di quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki”.

Le armi nucleari tattiche sono pensate per essere usate sul campo di battaglia, mentre quelle strategiche hanno funzione di deterrenza.  Possono distruggere in pochi istanti migliaia di persone compromettendo la vita di diverse generazioni per decenni.

È per questo che non solo in Giappone ma anche in Occidente molti eminenti uomini politici, ed anche Papa Francesco o il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, si sono espressi con vigore contro l’utilizzo delle armi nucleari nel conflitto in corso ucraino perché non si può pensare che la supremazia militare e il terrore diventino la strategia più adatta per portare la pace nel mondo.

Roberta Fameli
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