Il 26 novembre 2024 è stato pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro il decreto attuativo…
L’autotutela come diritto a difendersi da pretese tributarie
Il contribuente che riceve un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate o della Riscossione o, comunque, di un qualsiasi atto o pretesa della pubblica amministrazione (Comuni, Province, Regione ecc.) può, se ritiene che l’atto sia infondato, chiedere il riesame in autotutela.
L’autotutela è un istituto che esiste da più di 30 anni ( Dlgs 31.12.1992, n. 546) e consente al cittadino contribuente di evitare la proposizione di ricorso ai giudici tributari, laddove rileva che l’atto ricevuto contenga errori tali da poter chiedere la rilettura dei contenuti dell’atto ricevuto ed eventualmente la correzione o, anche, l’annullamento dell’atto.
Con l’autotutela l’Amministrazione esplica il proprio potere di autodifendersi dai propri errori e di adempiere correttamente ai propri compiti istituzionali annullando o correggendo un atto già emesso e sempre nel rispetto delle norme. Può attivarsi sia d’ufficio che su istanza di parte che chiede la revisione di un atto.
Il potere di autotutela esercitabile dagli uffici riguardano gli atti elencati nell’art. 19, c. 1 del Dlgs 31.12.1992, n. 546 e successivamente regolamentato con l’art. 2 del D.M. 11.2.1997, n. 37, ovvero gli atti per i quali la legge ne preveda la impugnabilità davanti ai giudici tributari.
Di seguito l’art. 2 del citato D.M. n. 37
Ipotesi di annullamento d’ufficio o di rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento.
L’Amministrazione finanziaria può procedere, in tutto o in parte, all’annullamento o alla rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, nei casi in cui sussista illegittimità dell’atto o dell’imposizione, quali tra l’altro:
a) errore di persona;
b) evidente errore logico o di calcolo;
c) errore sul presupposto dell’imposta;
d) doppia imposizione;
e) mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti;
f) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza;
g) sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;
h) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione.
Per chiedere il riesame di un atto in autotutela il contribuente deve trasmettere all’ufficio che lo ha emanato, una domanda in carta libera contenente una descrizione sintetica dei fatti e corredata dalla documentazione idonea a dimostrare le tesi sostenute.
È necessario indicare l’atto di cui si chiede la correzione o annullamento e i motivi che fanno ritenere l’atto illegittimo e, quindi annullabile in tutto o in parte.
Fatto importante da tener ben presente è che l’autotutela non sospende i termini per produrre ricorso. Bisogna, pertanto, accertarsi che la richiesta sia stata accettata dall’ente creditore, prima che scadano i termini per produrre ricorso.
Principi non trascurabili, di questo istituto, è che l’annullamento può essere effettuato anche se è già pendente il giudizio dinanzi alle Corti di Giustizia Tributaria, oppure l’atto è divenuto definitivo per il decorso dei termini per ricorrere o, ancora, nel caso in cui il contribuente ha presentato ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria e sia stato respinto per motivi formali (inammissibilità, improcedibilità, irricevibilità).
Di seguito il modello per richiedere l’autotutela all’Agenzia delle Entrate
MODELLO per la richiesta di esercizio autotutela_richiesta_esercizio_autotutela
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