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Nuova causa speciale di non punibilità dei reati tributari (D.L. 30 marzo 2023)

Dottore Commercialista - Revisore legale dei conti

Le cause di non punibilità sono istituti previsti dalla legislazione penale in una serie di ipotesi nelle quali il legislatore, pur configurandosi la consumazione di un reato in tutti i suoi elementi costitutivi materiali e psicologici, ritiene che non si debba infliggere la relativa sanzione perché la condotta non assume in concreto quel disvalore necessario a giustificare l’esercizio del potere punitivo dello Stato.

Quelle codificate sono previste dagli articoli da 50 a 54 del codice penale (consenso dell’avente diritto, esercizio di un diritto, adempimento di un dovere, legittima difesa, uso legittimo delle armi, stato di necessità) nonché dall’art. 131 bis c.p. (particolare tenuità del fatto) e dall’art. 323 ter c.p. (ravvedimento posto in essere dall’autore di delitti contro la pubblica amministrazione).

In questo quadro normativo si colloca la causa di non punibilità del pagamento del debito tributario prevista dall’art. 13 del D. L.vo 10 marzo 2000, n. 74.

In forza di tale norma i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1 dello stesso decreto non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprensivi delle sanzioni amministrative e degli interessi, vengono   pagati interamente fino alla totale estinzione, anche attraverso le procedure di conciliazione e accertamento con adesione previste dalle norme tributarie, nonché’ del ravvedimento operoso.

Qualora l’annullamento del debito sia in corso mediante una procedura di rateizzazione, la legge prevede la concessione di un termine di tre mesi prorogabile per il completamento della procedura con sospensione del termine di prescrizione del reato tributario.

I reati sopra indicati sono quelli di omesso versamento, nel termine per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, di ritenute certificate (art. 10 bis nel testo derivante dalla sentenza della Corte Costituzionale 23 giugno – 14 luglio 2022, n. 175) per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta; di omesso versamento di IVA (art. 10 ter  nel testo derivante dalla  sentenza della Corte Costituzionale 7 – 8 aprile 2014, n. 80) per un ammontare  superiore  a  euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta e di indebita compensazione  di crediti non spettanti o inesistenti per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.  (art. 10 quater).

L’ambito di applicazione della causa di non punibilità da ultimo esaminata, la quale soffriva il termine massimo finale di operatività coincidente con la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, è stato ampliato per effetto dell’art. 23 del D.L. 30 marzo 2023 n 34 convertito in L. 26 maggio 2023 n 56 contenente “misure urgenti in materia di adempimenti fiscali”  secondo il qualei reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1,commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge 29 dicembre 2022 n.197 non sono punibili purché le relative procedure siano definite prima della pronuncia della sentenza di appello”.  

È inoltre prevista la sospensione del giudizio (anche di appello) a seguito della comunicazione, da parte del contribuente (cioè dell’imputato), di aver versato le somme dovute o quanto meno la prima rata di esse e tale sospensione dura fino al momento in cui l’Agenzia delle Entrate informa il giudice della corretta definizione della procedura o della decadenza del contribuente dal beneficio della rateazione.

La sospensione del termine di prescrizione del reato, quantunque non espressamente prevista a differenza di quanto disposto dall’art. 13 D. L.vo n 74 del 2000, è un’automatica conseguenza della sospensione del procedimento penale così come contemplato dall’art. 159 I comma c.p. Resta la considerazione critica circa l’effetto negativo che tale causa di non punibilità è suscettibile di esercitare sulla celere definizione dei processi penali e sulla loro ragionevole durata soprattutto in un contesto nel quale la legislazione penale processualistica italiana e non solo essa si è posta l’obiettivo di accelerarne la definizione anche e soprattutto per adempiere agli stringenti obblighi europei che condizionano l’ottenimento dei finanziamenti previsti dal PNRR.

La facoltà concessa all’imputato (che la norma definisce ancora soltanto contribuente) di pagare il suo debito fiscale anche dopo la conclusione del giudizio penale di primo grado (quindi dopo la trattazione del giudizio e la redazione della sentenza) e addirittura dopo gli adempimenti del difensore, del giudice e della cancelleria propedeutici all’instaurazione del giudizio di appello  rischia di produrre un inutile dispendio di energie lavorative del quale non ci sarebbe proprio la necessità nonché una sospensione del giudizio di durata non prefissata né prevedibile.

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