La recente entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 87 del 14 giugno 2024, titolato “Revisione…
La mediazione nelle liti condominiali. Focus sugli adempimenti dell’avvocato
La mediazione “condominiale” è un tema molto delicato e non tutti i mediatori scelgono di cimentarsi in questa materia. In questo articolo, come delineato dal titolo si analizzeranno, senza alcuna presunzione di esaustività, le principali “azioni” che l’avvocato dovrà compiere.
Prima di sedersi al tavolo della mediazione l’avvocato del condomino verifica il termine entro cui impugnare la delibera e predispone la domanda di mediazione.
Come noto, ai sensi del combinato disposto degli artt.8 D.Lgs. 28/2010 e 1137 c.c., la domanda di mediazione interrompe il termine decadenziale di 30 giorni entro cui va presentato il ricorso al giudice per impugnare la delibera dell’assemblea di condominio (“contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti” art.1137 c.c.”).
L’onere di interrompere il termine decadenziale è a carico del condomino (e non dell’organismo) che si deve attivare tempestivamente (art.8 D. Lgs.28/2010) per le notifiche del caso.
L’interruzione non si verifica con il deposito della domanda di mediazione presso l’organismo di mediazione, ma bensì, con la ricezione, da parte dell’amministratore di condominio, della domanda di mediazione che può essere inviata a mezzo pec oppure a raccomandata a/r.
La raccomandata spedita entro il trentesimo giorno anche se ricevuta nei giorni successivi è idonea a interrompere il termine.
Prodotto l’effetto interruttivo, è necessario conoscere il momento a partire dal quale riprende a decorrere il termine di di 30 giorni.
Se prima della riforma Cartabia si riteneva unanimemente che il termine decadenziale ricominciasse a decorrere dal deposito – presso la segreteria dell’organismo – del verbale di mediazione conclusivo della procedura (“dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale … presso la segreteria dell’organismo, art.8 D.Lgs. 28/2010), la riforma ha modificato l’art. 8, stabilendo che “dal momento in cui la comunicazione (della convocazione, ndr) perviene a conoscenza delle parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e impedisce la decadenza per una sola volta”.
La nuova formulazione ha prestato il fianco a varie interpretazioni, tra chi ritiene preferibile l’interpretazione letterale della norma sostenendo che il termine di decadenza è interrotto dal momento della conoscenza della domanda di mediazione e riprende a decorrere per ulteriori 30 giorni dalla stessa data (Trib. Napoli, Sent.8555/2023), chi ritiene che il termine interrotto riprende a decorrere per ulteriori 30 giorni allo scadere naturale della procedura di mediazione (ossia, 3 mesi, Trib. Salerno, sent.3851/2023), e chi ritiene che qualora le parti proroghino il termine di durata di ulteriori 3 mesi (facoltà consentita dall’art.6 D.Lgs. 28/2010), il termine riprende a decorrere alla scadenza dei 6 mesi (salvo ovviamente che la mediazione non si sia conclusa prima).
L’interpretazione preferibile è quella orientata a consentire lo svolgimento della mediazione e dovrebbe sostenersi che il termine di decadenza interrotto riprende a decorrere dalla conclusione della procedura di mediazione che comunque non potrà superare i tre o i sei mesi in caso di proroga concordata dalle parti.
Oltre a verificare il rispetto dei termini decadenziali, l’avvocato deve redigere la domanda di mediazione avendo cura di inserire tutti gli elementi necessari affinché la procedura sia correttamente radicata.
La giurisprudenza maggioritaria ritiene che l’istanza di mediazione, al pari degli atti processuali, per essere considerata valida ed efficace deve necessariamente indicare la delibera che si intende impugnare e l’enunciazione del provvedimento (nullità o annullabilità) che s’intende richiedere al giudice in ipotesi di fallimento della conciliazione e la sintetica indicazione dei motivi di impugnazione (causa petendi).
Una domanda di mediazione generica sotto il profilo del petitum e della causa petendi, non può considerarsi validamente espletata e comporta l’improcedibilità della domanda.
Ad esempio, la domanda di mediazione depositata nell’interesse dell’attore con la dicitura “impugnazione delibera assembleare del 20/7/22” oppure “impugnativa della delibera del 26.10.2019 per motivi di nullità e/o annullabilità”, mancherebbe dei requisiti minimi richiesti dalla norma poiché non sono specificati i motivi e i vizi del deliberato impugnato, elementi indispensabili per il regolare svolgimento del procedimento di mediazione.
Il motivo della necessaria specificazione dei motivi di impugnazione sta nel fatto che i condomini che non hanno impugnato la delibera vengono convocati per una assemblea straordinaria – sostenendone collettivamente i relativi costi – ai fini sostanzialmente di rivalutare se mediare relativamente a una decisione già da loro assunta. Il condomino che si assume la responsabilità di chiedere un annullamento di delibera è tenuto, perciò, ad esplicitare con molta chiarezza i fatti e gli elementi di diritto a fondamento delle proprie contestazioni in ordine alla delibera assunta dagli altri condomini e possibilmente anche a presenziare all’assemblea per meglio illustrarli, assentandosi poi in occasione del voto, quantomeno per un senso di responsabilità verso la collettività dei condomini (così, Trib. Monza, sentenza n. 598 del 14.03.2022).
Inoltre, la domanda di mediazione generica non rispetterebbe neppure il principio della necessaria corrispondenza tra il contenuto dell’istanza di mediazione e quello della domanda giudiziale (Tribunale di Roma, sentenza n. 979 del 20.01.2023, Trib. Nuoro, sentenza 473 del 28.8.2023).
La necessaria corrispondenza tra domanda di mediazione e domanda giudiziale non andrebbe intesa come perfetta e biunivoca corrispondenza, circa il petitum e la causa petendi, attesa la ontologica disomogeneità funzionale e strutturale tra i due atti, ma è sufficiente, nella sede di mediazione, la puntuale individuazione dei fatti costitutivi della pretesa che potranno sempre essere modificati nell’ambito del processo con differenti conclusioni su quelle ragioni giustificate, sempreché ciò non determini l’alterazione dell’oggetto sostanziale dell’azione oppure l’introduzione di nuovi temi di indagine idonei a sconvolgere la difesa della controparte (Corte di Appello di Napoli, Sent. n. 1955 del 04.05.2023).
In conclusione, la domanda di mediazione dovrà contenere l’indicazione della norma violata o del petitum sostanziale richiesto e comprendere anche l’esplicazione, per quanto sintetica, delle ragioni fondanti tale istanza. Solo attraverso tale enunciazione l’assemblea potrà esser effettivamente resa edotta della domanda che il condomino intenderà azionare nel successivo giudizio (Trib. Aosta, Sent. n. 147 del 28.04.2023).
Va detto anche che tra le tutte domande di mediazione che è possibile depositare, per quella avente ad oggetto l’impugnativa condominiale l’avvocato non può permettersi errori.
Difatti, se è vero che per la mediazione ante causam è sempre possibile sanare l’improcedibilità potendo il giudice invitare la parte ad esperire una nuova mediazione (con oggetto la domanda nuova o modificata), e, solo in caso di mancato esperimento pronunciare l’improcedibilità della domanda giudiziale, nel caso di impugnazione di delibera condominiale l’istanza di mediazione ha anche una sua specifica ed ulteriore finalità che è quella di impedire la decadenza dalla domanda giudiziale.
Ne consegue che la domanda di mediazione generica non realizzerà l’effetto interruttivo e l’errore non potrà essere sanato: difatti a nulla servirebbe disporre o avviare una nuova mediazione perché ciò sarebbe in contrasto con la specifica normativa dettata per la decadenza dei termini.
Del resto, va detto anche che se l’obiettivo della procedura di mediazione è quello di avviare un dialogo costruttivo tra le parti che miri a comporre il conflitto, consentire l’interruzione del termine di decadenze con la mera presentazione di una “istanza” generica che non permette di conoscere i motivi dell’impugnazione, significa anche svilire l’istituto della mediazione ad un mero adempimento burocratico, in contrasto con la ratio ad essa sottesa ed incentivare.
(Articolo scritto in collaborazione con l’avv. Mario Antonio Stoppa)
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